A spasso tra Molo e Maddalena

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Un viaggio alla scoperta di Genova, dei suoi caruggi e dei suoi palazzi, attraverso le lettere di Jacques Boucher. Una eccezionale testimonianza che oggi è disponibile nel libro Magnifici palazzi, vicoli senza sole (Erga Edizioni) che ripercorre le vicende del giovane doganiere. Di seguito ne pubblichiamo un estratto.

Magnifici palazzi, vicoli senza sole
A spasso tra Molo e Maddalena

Jacques Boucher giunge da Marsiglia a Genova nel settembre del 1805, dopo un viaggio per mare durato otto giorni. (…) La vista della Superba, città di pietra e di marmo che sembra sorgere dalle acque, è magnifica, tale da far «dimenticare ogni pericolo». Il porto è imponente e spettacolare, «col suo contorno di giardini e palazzi» e, sullo sfondo, la città «adagiata su una splendida collina». Sceso, però, dalla nave, il giovane doganiere si lascia andare a commenti assai meno teneri; possiamo anzi dire che il primo approccio alla città non fu affatto il proverbiale “amore a prima vista”. Tutt’altro; lo si può ben vedere da questa lettera, indirizzata al padre il 28 settembre:

«Ecco, dunque, Genova! Non riesco ancora a capacitarmi di come abbia potuto meritare il titolo di superba. Sto vagando da due ore senza riuscire a venir fuori da queste vie strette, i cui abitanti devono domandarsi: Esiste un sole?
Ovunque sono urtato, spinto e perfino strattonato da facchini che, più che camminare, sembrano correre: pare quasi che a spingerli siano le merci stesse che trasportano. Con un rumore di sonagli, cento muli carichi avanzano maestosamente. A giudicare dai loro paramenti, li si potrebbero scambiare per il Senato stesso, con il doge in testa. Aspettiamo che le loro signorie siano passate
».

La descrizione è breve ma efficace, e non è difficile intuire in quale quartiere ci troviamo. Siamo nel suggestivo e variopinto rione del Molo, il più vecchio di Genova, nonché tra i più popolosi e caotici. Da secoli questo è il centro politico e religioso della città, dove si concentrano i maggiori simboli della storia e del potere genovesi. Qui si trovano, infatti, il Palazzetto Criminale, che da quasi duecento anni svolge, ad un tempo, il ruolo di carcere e di tribunale, e poco distante la Cattedrale di San Lorenzo, col suo fascino gotico e rinascimentale. Qui si può poi ammirare quella che, a lungo, fu la sede del governo dogale, il palazzo detto Reale in onore della Madonna – proclamata «Regina e protettrice di Genova» nel 1637 – e ribattezzato Palazzo della Nazione nel 1797, in ossequio alla retorica giacobina. Poco distante, invece, si può godere la vista delle magnifiche dimore delle grandi famiglie genovesi.
Insomma, tutto, nel rione del Molo, è un brulicare frenetico di uomini e di merci. Vi sono nobili e funzionari, artigiani e mercanti, camalli e vagabondi … e non solo. Non mancano, infatti, in mezzo a questa vasta e variegata umanità, anche numerosi preti, impegnati in attività, a dire il vero, ben poco “spirituali”.
«Guardate questi cappuccini», scrive Jacques incuriosito: alcuni «tengono la barra di una bilancia», altri «la catena di una stadera». Non sono pastori di anime, sono, semmai, «pesatori di sale, fascicolatori di legna, rivenditori, periti, valutatori, e forse anche dannati (…) Poco male! non saranno certo trattati da fannulloni», poiché «commercio, intermediazione e banca, qua gestiscono tutto loro». Sono i preti di Genova, noti “trafficoni”; d’altronde è significativo che, ancora quarant’anni dopo, Charles Dickens, turista in Liguria, appena sbarcato, rimarrà attonito alla vista di alcuni frati «che sorvegliavano la pesatura di certa legna sulla banchina». Potremmo fare numerosi altri esempi, a rimarcare l’onnipresenza del clero genovese in ogni piega della vita sociale cittadina (…) Ora però torniamo a Jacques, il quale, ripresosi dallo stupore, si getta nuovamente nella calca. Possiamo quasi immaginarcelo, questo giovane straniero, timido e impacciato, mentre sgomitando prova a muoversi controcorrente in quella vasta marea umana, vociante e tumultuosa.


piazza-banchi tra Molo e MaddalenaPiazza Banchi, immagine tratta dal volume


Dopo aver girovagato per un po’ senza meta, finalmente arriva in uno spazio aperto: una piazza piccola e squadrata, pulsante di vita. Ora siamo in piazza Banchi, al confine tra il Molo e il quartiere della Maddalena, affollata di botteghe e bancarelle di legno. È ricettacolo di faccendieri d’ogni sorta, non solo commercianti (e preti), ma anche ladruncoli, ruffiani e prostitute, che all’ombra della meravigliosa Loggia dei Mercanti si danno fugaci appuntamenti. Qui è possibile trovare ogni genere di mercanzia; sui banchi della frutta, per esempio, si può acquistare un particolare tipo di melone, «lo chiamano “mellonetto». È molto piccolo, e i genovesi lo utilizzano in diversi modi, non solo come alimento: infatti, essendo molto «profumato», lo si mette «nel bucato e nel guardaroba, per profumare i vestiti e per tenere lontani gli insetti».
La confusione è enorme, eppure Jacques riesce ad afferrare le parole che, più frequentemente, sfuggono dai concitati gruppi di uomini assembrati attorno ai negozi; dicono: «lire, franchi, zecchini, moneta, argento, oro»! Il suo commento è tagliente: «I mercanti sono uguali ovunque, ma la fisionomia del commerciante è più marcata, più diffusa a Genova che altrove». Infatti «un genovese ha sempre l’aria di acquistare o di vendere». Il fatto è che «a Genova tutto è concentrato lì: ricchezza, dignità, considerazione, nobiltà, tutto deriva dal commercio», al punto che «non esiste nobile ligure che non sia stato mercante, non esiste palazzo che non sia stato costruito con l’aiuto del commercio».
In questo piccolo e caotico bazar bisogna però tenere gli occhi bene aperti, come il ragazzo apprenderà a proprie spese. Mentre è impegnato a trattare l’acquisto di un souvenir – un cammeo che alla fine, dopo una lunga contrattazione, paga «dieci franchi di troppo» – ecco che viene abilmente derubato. Insomma, «mentre venivo truffato a viso aperto, un altro mercante lavorava alle mie spalle: è un apprendista, che arriva appena all’altezza della mia tasca, dove dapprima fa cascare l’occhio, poi la mano». Il piccolo ladro non tralascia nulla; fazzoletto, guanti, persino un astuccio di pastiglie per il raffreddore … «tutto sparito». Genova, a quanto pare, è piena di questi temerari monelli, tant’è vero che i furti sono pressoché all’ordine del giorno. Certo, i «cattivi soggetti» sono presenti in «tutte le grandi città», ma «qui cominciano presto», al punto che «i ragazzini genovesi sono più cattivi che cresciuti». Tornerà sull’argomento in una lettera successiva:

«Le vie pullulano di piccoli delinquenti e, se non si fa attenzione, non si faranno venti passi senza perdere il proprio fazzoletto. Se li cogliete in flagrante e date loro uno scappellotto, gridano come scannati e attirano l’attenzione dei passanti, si è quasi obbligati a scusarsi. L’altro giorno, uno di questi mocciosi riceveva le scuse asciugandosi gli occhi con il fazzoletto appena rubato».

Dopo lo spiacevole incidente, furente e con le tasche più leggere, Jacques riprende il suo tour. Ma ben presto il malumore svanisce, per cedere il posto, di nuovo, alla spensierata curiosità che lo caratterizza. Così ci informa che ovunque, per strada, ci si imbatte in «donne velate, che potrebbero sembrano delle vestali». Sono tutte abbigliate «alla stessa maniera», al punto che è praticamente impossibile «distinguere un’artigiana da una principessa: tutte hanno i capelli neri e lisci, tutte hanno veli bianchi come la neve, tutte hanno i piedi ben calzati».

Luca Sansone,
Magnifici palazzi, vicoli senza sole. Un viaggio tra strade, feste e sapori
della Liguria al tempo di Napoleone
, Erga, Genova  2016.

 

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Un commento su “A spasso tra Molo e Maddalena

  1. Antonio Caprone il said:

    Descrizione suggestiva, che ci restituisce la bellezza intrigante di Genova in un tempo lontano. Bel libro, merita di essere letto…bravi!

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