«Bruto Buonaparte» e l’assedio di Tolone

«Bruto Buonaparte» e l’assedio di Tolone

L’estratto che riportiamo è tratto dal libro XIX delle Mémoires d’Outre-Tombe di Chateaubriand e descrive l’assedio di Tolone del 1793. In quel tempo la città si era ribellata alla repubblica rivoluzionaria di Parigi e aveva aperto il suo porto e i suoi arsenali alla marina inglese. Il governo francese aveva distaccato un’armata di circa 17000 uomini per riconquistare la città e mandò il giovane capitano Bonaparte a dirigere il parco d’artiglieria. Quando la città venne presa, Chateaubriand ci racconta di massacri spietati perpetrati dal giovane generale d’artiglieria contro la popolazione. L’estratto è costruito come una sorta di “processo” volto a dimostrare la natura inumana e la sete di sangue di Napoleone. Certo l’autore si annovera tra i più accaniti nemici della rivoluzione e del Bonaparte nonché fautore di una storia storpiata e denigrante. Pensiamo però che può essere interessante osservare l’avvenimento da questo punto di vista. Una base reale è comunque dimostrabile, lo stesso Napoleone nelle sue memorie racconterà che vennero processati e fucilati a Tolone centinaia tra i capi e gli animatori della ribellione, mentre massacri del genere qui raccontati sono forse da riferirsi alla presa della città di Lione. Per quanto riguarda gli scritti politici firmati «Bruto Buonaparte», sarebbero effettivamente da attribuirsi a Luciano, fratello di Napoleone, che all’epoca era fervente rivoluzionario.


Napoleone a toloneIl capitano Buonaparte dirige l’artiglieria a Tolone, 1793


Tolone aveva riconosciuto Luigi XVII e aperto i porti alla flotta inglese Carteaux da una parte e il generale Lapoype dall’altra, richiesti dai rappresentanti Fréron, Barras, Ricord e Saliceti, si avvicinarono a Tolone. Napoleone, che aveva servito sotto Carteaux ad Avignone, chiamato nel consiglio militare, sostenne che bisognava impadronirsi del forte Murgrave, costruito dagli inglesi sull’altura del Caire, e collocare sui due promontori, l’Eguillette e Balaguier, delle batterie che, fulminando la grande e la piccola rada, avrebbero costretto la flotta nemica ad abbandonarla. Tutto accadde come Napoleone aveva previsto: si ebbe una prima manifestazione dei suoi destini.

La signora Bourrienne ha inserito alcune note nei Mémoires del marito; ne citerò un passo che mostra Napoleone davanti a Tolone: «In quel tempo (1795, a Parigi) – ella scrive – andavo osservando che il suo carattere era freddo e spesso cupo; il suo sorriso falso e spesso fuori luogo; a proposito di questa osservazione mi ricordo che in quella medesima epoca pochi giorni dopo il nostro ritorno, egli ebbe uno dei suoi momenti di selvaggia ilarità che mi fece male e che poco mi dispose ad amarlo. Ci raccontò con amabile gaiezza che trovandosi davanti a Tolone, dove comandava l’artiglieria, un ufficiale della sua arma, posto sotto i suoi ordini, ricevette la visita della moglie che amava teneramente. Pochi giorni dopo, Bonaparte ebbe ordine di muovere un nuovo attacco contro la città e l’ufficiale vi fu comandato. Sua moglie venne a trovare il generale Bonaparte e gli chiese, col pianto negli occhi, di dispensare suo marito dal servizio, quel giorno. Il generale rimase insensibile, a quanto lui stesso ci narrò con una gaiezza affascinante e feroce. Arrivò il momento dell’attacco, e l’ufficiale che sempre aveva dimostrato uno straordinario coraggio, come Bonaparte stesso diceva, ebbe il presentimento della sua prossima fine, impallidì e tremò. Fu posto a fianco del generale e nel momento in cui il fuoco della città si fece molto forte, Bonaparte gli disse: – “Attenzione! Ecco una bomba che ci viene addosso.” L’ufficiale, aggiunse, invece di scostarsi si curvò e fu tagliato in due. Bonaparte rideva forte nel nominare la parte che gli era stata asportata».

Ripresa Tolone, si eressero i patiboli; ottocento vittime furono riunite al Campo di Marte; e vennero mitragliate. I commissari avanzarono gridando: «Chi non è morto, si alzi; la Repubblica gli fa grazia», e i feriti che si sollevavano vennero massacrati. Questa scena era così bella che venne ripetuta a Lione dopo l’assedio.
Che dico? ai primi colpi del folgorante uragano forse qualche colpevole ancora si è sottratto: annunciasi il perdono e nell’inganno tratto, se qualche sventurato tremando si solleva, la folgore raddoppi e il ferro lo finisca. DELILLE

Bonaparte stesso, nella sua qualità di capo d’artiglieria, poté comandare personalmente l’esecuzione. In tal caso, per quanto non fosse di indole naturalmente crudele nessun senso di umanità lo avrebbecerto fatto esitare.
È stato trovato questo biglietto indirizzato ai commissari della Convenzione: «Cittadini rappresentanti, dal campo della gloria, camminando nel sangue dei traditori, vi annuncio con gioia che i vostri ordini furono eseguiti e che la Francia è vendicata; né l’età, né il sesso sono stati risparmiati. Coloro che erano stati soltanto feriti dal cannone repubblicano, sono stati fatti a pezzi dalla spada della libertà e dalla baionetta dell’eguaglianza. Salute e ammirazione. BRUTO BUONAPARTE, cittadino sans-culotte».
Questa lettera fu inserita, credo per la prima volta, nella Semaine, gazzetta pubblicata da Malte-Brun. La viscontessa di Fors (pseudonimo) la riporta nei suoi Mémoires sur la Révolution fraçaise, e aggiunge che questo biglietto fu scritto sul piano di un tamburo; Fabry lo riproduce alla voce Bonaparte nella Biographie des hommes vivants; Royou, Histoire de France, dichiara che non si sa quale bocca facesse udire quel grido omicida; Fabry, già citato, dice, nei Missionnaires de 93, che alcuni attribuirono il grido a Fréron, altri a Bonaparte. Le esecuzioni del Campo di Marte a Tolone sono raccontate da Fréron in una lettera a Moïse Bayle della Convenzione, e da Mottedo e Barras al comitato di salute pubblica.
Ma chi fu il vero autore di questo, che è il primo bollettino delle vittorie napoleoniche, Napoleone o suo fratello? Luciano, condannando i propri errori, confessa nei suoi Mémoires di essere stato in principio un fervente repubblicano. Posto a capo del comitato rivoluzionario a Saint-Maximin in Provenza, «Non si lesinavano – egli dice – né parole, né messaggi ai giacobini di Parigi. Poiché era di moda prendere i nomi antichi, il mio ex-frate prese, credo, quello di Epaminonda e io quello di Bruto; un libello ha attribuito a Napoleone questo nome che appartiene a me solo. Egli pensava di innalzare il suo proprio nome al di sopra di quelli della storia antica, e se avesse voluto figurare in quelle mascherate, non credo che avrebbe scelto il nome di Bruto».
È una confessione coraggiosa. Bonaparte, nel Mémorial de Sainte-Hélène, serba un profondo silenzio su questa parte della sua vita. Tale silenzio, secondo la duchessa di Abrantès, si spiega con quanto v’era di scabroso nella sua posizione: «Bonaparte – ella scrive – si era messo più in vista di Luciano, e sebbene in seguito cercasse in ogni modo di mettere Luciano al suo posto, in quel momento l’inganno non era possibile. Il Mémorial de Sainte-Hélène, egli avrà pensato, sarà letto da cento milioni di persone, fra le quali forse soltanto mille conoscono fatti che mi dispiacciono. Queste mille persone conserveranno la memoria di questi fatti in modo poco preoccupante attraverso la tradizione orale. Il Mémorial sarà dunque irrefutabile».
Così, malauguratamente, molti dubbi sussistono sul biglietto che non si sa se fosse firmato da Napoleone o da Luciano: è mai possibile che Luciano, non essendo rappresentante della Convenzione, si arrogasse il diritto di stendere relazione del massacro? Era forse stato deputato dal comune di Saint-Maximin ad assistere all’eccidio? Ma anche in questo caso come avrebbe assunto su di sé la responsabilità di un processo verbale quando v’era qualcuno più grande di lui ai giochi dell’anfiteatro, e v’erano testimoni dell’esecuzione compiuta dal fratello? Sarebbe penoso abbassare tanto gli occhi dopo averli levati così in alto.
Ammettiamo che il narratore delle imprese di Napoleone sia Luciano, presidente del comitato di Saint­ Maximin: ne risulterebbe sempre che uno dei primi colpi di cannone sparati da Bonaparte fu tirato su dei francesi; è certo, almeno, che Napoleone fu chiamato ancora a versare il loro sangue il 13 vendemmiaio; se ne arrossò di nuovo le mani alla morte del duca d’Enghien. La prima volta, il nostro sacrificio doveva rivelare Bonaparte; la seconda ecatombe lo portò in una posizione tale che egli poté farsi padrone dell’Italia; la terza gli facilitò l’accesso all’impero.

François-René Chateaubriand, Mémoires d’Outre-Tombe,
nella traduzione di O. Nemi, Napoleone, Firenze, Sansoni, 1969

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