La caduta di Luigia Pallavicini nelle memorie di Thiebault

La caduta di Luigia Pallavicini nelle memorie di Thiebault

Nelle sue memorie, il generale e barone Paul Charles François Adrien Herni Dieudonné Thiébault (14/12/1769 – 14/10/1846) dedica alcune pagine, nell’ambito della guerra contro gli austro-piemontesi, al proprio soggiorno genovese tra il 1799 e il 1800; soggiorno cui fu costretto, suo malgrado, a causa della malaria, che lo colse mentre si trovava a Pistoia, al seguito del generale Macdonald.
Le sue memorie costituiscono una testimonianza assai importante, sicuramente tra le più dettagliate, sulle vicende relative all’assedio di Genova del 1800. Genova era, in quell’anno, la grande retrovia della armata francese, nonché la strada fondamentale per rientrare in patria, in caso di disfatta: per questo motivo la resistenza degli assediati nella città, minacciati non solo dal nemico ma anche dalla carestia, fu davvero tenace.


Luigia PallaviciniLuigia Pallavicini


Tutto è raccontato con dovizia di particolari dal barone, autore di un “Giornale delle operazioni” che sarà poi la base fondamentale di quelle Mémoires du general Baron Thiébault che egli scriverà al termine della propria carriera, così come fecero molti altri ufficiali napoleonici.
Egli però, oltre ai fatti bellici e relativi all’attività dell’armata, vi rievoca anche un episodio di cui si sentì in parte responsabile; episodio di cui sapremmo veramente poco se non fosse per lui.
Si tratta del tragico incidente di Luigia Pallavicini, sposa del marchese Domenico Pallavicini, la quale, caduta da cavallo, sarà la musa ispiratrice di Ugo Foscolo, che le dedicherà la famosa Ode.
I fatti andarono così: con la vittoria dei coalizzati presso la Trebbia, la situazione iniziò a volgere al peggio per le forze francese, che temettero una travolgente invasione della Liguria. Preparandosi ad abbandonare la città, Thiébault dovette liberarsi di tre cavalli, che di certo non avrebbe potuto portare con sé nel viaggio via mare, anche perché le navi, già piccole di dimensioni, era sovraccariche di moribondi e di civili francesi che ritornavano a casa.
Dunque Thiébault procedette a vendere gli animali, tra cui un destriero arabo, magnifico esemplare; su questi posò prontamente gli occhi la marchesa Pallavicini, grande intenditrice di cavalli nonché «migliore amazzone d’Italia» (così la definisce Thiébault stesso). Ella voleva provare il cavallo, e lo provò nonostante gli ammonimenti del barone stesso, il quale riteneva, non a torto, che «nessuno, servendosi di una sella da donna, sarebbe stato in grado di cavalcarlo, perché faceva salti e scarti continui ed era di una vivacità che non riuscivano a calmare dodici o quindici leghe di cammino».
La marchesa rimase indifferente a tali moniti e, accompagnata da alcuni amici, si recò fuori Genova, dove la bestia si imbizzarrì lanciandosi in una corsa inarrestabile.
Diamo nuovamente la parola a Thiébault: «Che fare? Dei due o tre cavalieri che l’accompagnavano, non uno disponeva di una cavalcatura in grado di seguirla, e quand’anche qualcuno fosse stato in grado di starle appresso non avrebbe avuto altro risultato che far correre di più il suo cavallo. Si limitarono quindi a non perderla di vista, abbandonandola a se stessa … Ciononostante ella non perse la testa e tenendo soltanto la punta del piede nella staffa ebbe anche l’abilità e la presenza di spirito di liberarsi della cinghia che la teneva avvinta alla sella. Quindi, meno allarmata per la sua situazione, cercò ancora di padroneggiare il maledetto animale; non riuscendovi e non volendo essere portata troppo lontano, ella si slanciò su un tratto di terreno erboso; ma a causa della velocità della caduta, ella finì al di là e andò a cadere su una roccia tagliente, ferendosi la bocca in modo tale da rendere necessario che le carni venissero ricucite ed ella trasportata a Genova tutta insanguinata».
Questo incidente segnerà profondamente il resto della vita di Luigia Pallavicini, allora ventisettenne, che non a caso diraderà notevolmente le proprie apparizioni nei salotti e nei palazzi della buona società genovese. Difatti, sulla sua esistenza esistono rarissime testimonianze, eccezion fatta per l’ode di Foscolo e i componimenti che altri poeti (tra cui va ricordato anche Angelo Petracchi, autore della Istoria del blocco di Genova) vollero dedicarle.

S. Malvezzi

 

Riferimenti bibliografici
Ronco A., Luigia Pallavicini e Genova napoleonica, Genova, De Ferrari Editore, 1995.
Mémoires du general Baron Thiébault – Publiés sous les auspices de sa fille M.lle Claire Thiébault d’après le manuscrit original par Fernand Calmettes
, Paris, E. Plon, 1893-1895.

 

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