La Francia contemporanea (xıx-xx secolo)

LA FRANCIA CONTEMPORANEA (xıx-xx secolo)

di Giovanni  FERRARI

Un importante evento che segna il XIX secolo è l’ascesa della borghesia, che succede la “vecchia Francia”. Per comprendere il panorama generale di questa storia, che dura venti anni, bisogna tener conto il ritmo dell’azione rivoluzionaria, la curva dei successi e delle battute d’arresto.

La Rivoluzione francese

La Rivoluzione francese scoppia nel 1789 e termina nel 1799. Secondo gli storici Georges Duby e Robert Mandrou il 1789 è un secolo in progressione continua; abbattuto l’antico regime la costituente costruisce il nuovo. Dopo la primavera del 1793, nel breve spazio di un anno, la convenzione montagnarda abbozza anche una democrazia sociale. Sino al 1815 i borghesi del nuovo regime tentano di consolidare la rivoluzione. A questo punto interviene Napoleone, che rilancia l’idea della conquista dell’Europa: Regime personale che si distacca sia dalla tradizione sia dalla rivoluzione. La seconda metà di luglio e i primi giorni di agosto non sono meno importanti: è il momento della Grande Paura, quel moto di tutto un popolo di contadini che, allarmati dagli intrighi della reazione signorile e dalla carestia, si sollevano ai rumori di Parigi; all’origine semplice panico popolare. La Grande Paura è l’esplosione di gioia con la quale il contadino si è liberato dai pesi feudali e il decreto della Convenzione del 17 luglio 1793 dichiara aboliti tutti i diritti feudali. Dopo il 1789, la rivoluzione è stata vissuta dai francesi con varia intensità. I parigini partecipano alla vita politica, grazie al club e alle sezioni. La popolazione delle campagne, ha seguito molto più lontano e solo la questione religiosa seguita ad appassionare. Dal giugno 1791 al 10 agosto 1792, si verde una continuità logica sentimentale: il re ha rifiutato il compromesso, ossia la monarchia costituzionale all’inglese messa in piedi della costituente e la sua condotta, induce i rivoluzionari a convertirsi alla repubblica, cui nessuno aveva pensato. Il progetto di ridistribuzione delle terre ai cittadini poveri aveva ben altra portata, ossia le trasformazioni seguite alla vendita dei beni nazionali da cui hanno tratto vantaggio solo una minoranza di borghesi e contadini. A questo sforzo per consolidare la Repubblica nelle sue norme borghesi dà il cambio Bonaparte, che con il suo compromesso salva le conquiste rivoluzionarie essenziali; quelle del 1789-1791. “Gli uomini nascono e restano liberi e uguali nei diritti”. Questa piccola frase contenuta nel primo articolo della Dichiarazione dei diritti dell’uomo che da sola basta a negare ogni valore alla società dell’antico regime, i francesi hanno apprezzato l’uguaglianza. Essi sono consapevoli di lavorare per l’uomo e non soltanto per il cittadino francese. Dal 5 agosto all’11, i diritti aboliti divennero riscattabili; vennero definite le varie forme di uguaglianze, innanzitutto l’uguaglianza fiscale, tutte le corvées spariscono e il nobile diventa un borghese di campagna, qualunque sia il prestigio che qua e là ha potuto conservare sui contadini. Il crollo del regime feudale significa anche l’uguaglianza civile: gli impieghi riservati ai nobili sono aperti a tutti e a vantaggio della nuova borghesia istruita e ricca sparisce l’eredità delle cariche. Nel 1789 in Francia la popolazione era divisa in: nobiltà che aveva il monopolio delle cariche pubbliche e numerosi privilegi economici e fiscali; il clero e il terzo stato composto da borghesi, commercianti ed artigiani, proletariato urbano e contadini, che era lo strato più numeroso e vario della popolazione. Dopo il 1781 l’antico regime entra in crisi a causa di difficoltà finanziarie (dovute alle forti spese per la partecipazione alla guerra di indipendenza americana).

Viene proposta una riforma economica che però intaccava i privilegi dei nobili e del clero. Questi, per contrastare tali riforme, costringono il re Luigi XVI a convocare gli Stati Generali.

Gli Stati Generali erano un’assemblea in cui ogni ordine sociale (nobiltà, clero e terzo stato) doveva avere un numero eguale di deputati, ma il terzo stato chiede ed ottiene di avere un numero doppio di rappresentanti per riuscire contrastare le votazioni di nobiltà e clero che spesso andavano a coincidere (mantenendo così i propri privilegi a discapito dei ceti meno abbienti). Il Re, appoggiato dai nobili, non prendeva una decisione sulla questione del voto, così i deputati del terzo stato si riunirono nella sala della Pallacorda dove giurarono di dare una Costituzione alla Francia. Il Clero e 47 membri della nobiltà si unirono a loro formando l’Assemblea Nazionale Costituente. Luigi XVI sconfitto sul piano politico, decise di ricorrere alla forza, ma la borghesia reagì e, con l’aiuto delle classi popolari, il 14 luglio assale e conquista la Bastiglia simbolo del dispotismo del regime assoluto.

Dopo la presa della Bastiglia si succedono eventi a catena: una rivoluzione in città (guidata dalla borghesia) che portò all’abolizione delle municipalità dell’antico regime ed alla formazione della guardia municipale e una rivolta nelle campagne che portò alla distruzione della feudalità.

La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e l’Assemblea Costituente

Il 26 agosto 1789 venne promulgata la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del cittadino che era la premessa della Costituzione del 3 settembre 1791. Il re però non approva i decreti della Assemblea Costituente ed il popolo si mobilita di nuovo marciando su Versailles e costringendo il re a trasferirsi a Parigi. A questo punto si verificò una scissione all’interno dell’Assemblea che diede inizio ad una serie di differenziazioni dei gruppi borghesi: i Giacobini, guidati da Robespierre, avevano atteggiamenti più avanzati, i Foglianti, con a capo La Fayette, erano più moderati, al centro vi erano i Cordiglieri con Danton e Marat.

L’Assemblea Costituente comincia a redigere la Costituzione che fu approvata nel 1791. Nacque così la prima monarchia costituzionale francese, fondata sulla separazione dei poteri. Il potere di fare le leggi e di dirigere la politica generale del paese passò all’Assemblea legislativa, composta di 745 deputati eletti ogni due anni. Al re spettava la nomina dei ministri e il diritto di sospendere una legge approvata dall’Assemblea, ma per non più di quattro anni. Il sovrano non poteva sciogliere l’Assemblea, né dichiarare guerra, né firmare trattati di pace. Il potere giudiziario fu affidato alla magistratura, indipendente in quanto eletta. Il diritto di voto fu riservato solo agli uomini al di sopra dei 25 anni che pagassero tasse elevate, una soluzione che accontentava la borghesia mentre lasciava insoddisfatti i ceti popolari. I beni ecclesiastici furono incamerati e venduti ed i preti dovettero giurare fedeltà alla Costituzione come dei pubblici funzionari.

Amministrativamente la Francia venne divisa in 83 dipartimenti divisi in distretti e cantoni con ampi poteri. Intanto il re aveva tentato di fuggire e Austria, Prussia e Russia si erano alleate contro la Francia che reagì alla sfida dichiarando la guerra.

Nel 1792 i sanculotti s’impadronirono del Palazzo Reale, mentre l’Assemblea ordinava di imprigionare il re con l’accusa di tradimento della patria. Dopo la vittoria francese di Valmy contro l’esercito prussiano, fu proclamata la Repubblica. Il re, processato per alto tradimento e condannato a morte, fu decapitato il 21 gennaio 1793; in ottobre la stessa sorte toccò alla regina.

Per fronteggiare le crisi nazionali e la minaccia degli eserciti stranieri alleati contro la Francia, i poteri furono affidati a un Comitato di salute pubblica, guidato da Robespierre, che pose il calmiere sul prezzo di grano e generi alimentari, arruolò un nuovo esercito e inviò soldati in Vandea dove intanto era scoppiata una rivolta. I metodi autoritari adottati dal Comitato portarono alla repressione degli avversari politici e di diversi esponenti giacobini contrari ai metodi di Robespierre, infatti alcune migliaia di oppositori vennero ghigliottinati dopo processi sommari. Per questo motivo il periodo dall’autunno 1793 all’estate 1794 fu definito “il Terrore”. Molti deputati volevano destituire il Comitato, così il 27 luglio 1794 Robespierre e i suoi collaboratori vennero arrestati e il giorno successivo ghigliottinati senza processo, fu così istituito un nuovo corso che prese il nome di Termidoro e si fece prevalere una linea politica moderata. Negli anni successivi il governo di Parigi decise di abbattere le monarchie assolute in Europa, in cui si erano diffuse le idee rivoluzionarie. Il comando della campagna d’Italia fu affidato a Napoleone Bonaparte, che invase la penisola, dove furono instaurati governi repubblicani sul modello della Repubblica francese. Napoleone poi, rientrato in Francia, con un colpo di Stato militare (18-19 brumaio 1799) abolì il governo e trasferì il potere a un Consolato (in cui sedeva con due collaboratori).

Da Napoleone al ritorno dei Borbone

L’emanazione della Costituzione dell’anno VIII (1799), con la quale gli furono attribuiti pieni poteri, sancì la fine della rivoluzione francese e aprì il periodo della diffusione in tutta Europa delle idee rivoluzionarie. Napoleone contava sulla propria popolarità’, egli credeva di poter essere nominato capo dello stato per acclamazione, ma la maggioranza dei deputati respinse le sue proposte. Per questo Napoleone fa ricorso all’esercito, e cosi fu realizzata una riforma costituzionale in cui il potere era affidato a tre consoli, di cui il primo e il più importante era Napoleone. Quando viene eletto primo console, Napoleone ha solo 30 anni. Egli costrinse alla pace l’Austria nel 1801 e l’Inghilterra nel 1802, e si dedica alla riorganizzazione interna della Francia. Nel 1804 fa il passo decisivo verso il titolo di imperatore, e viene incoronato dal Papa nella Chiesa di Notre Dame. Nel 1805 si proclama re d’Italia distruggendo così il feudalesimo. Nel 1812 Gran Bretagna, Russia e Svezia si alleano ad altre nazioni, dando vita alla quarta coalizione. Napoleone tenta l’invasione della Russia con 600.000 uomini, ma l’invasione si era trasformata in una sconfitta che gli costò 500.000 uomini. Le nazioni della coalizione lasciano la Francia, il cui esercito era ormai distrutto, e il 7 luglio 1814 Napoleone abdicò e si reca in esilio all’isola d’Elba. Nel marzo 1815 però’. Napoleone scappa nella Francia meridionale; riorganizza un esercito ma, dopo “cento giorni”, lo aspettava la disfatta di Waterloo (18 giugno 1815). Si ha così  la seconda e definitiva abdicazione. Confinato nell’isola di Sant’Elena muore nel 1821, e pertanto la monarchia borbonica venne definitivamente restaurata con Luigi XVIII che ascese al trono come sovrano legittimo.

Borghesia e ordinamento dello Stato

Il 4 giugno 1814 il nuovo re, capendo che ormai i cambiamenti politici e sociali dei venticinque anni precedenti erano irreversibili, dà il beneplacito per una nuova carta costituzionale con la quale limitava alcuni suoi poteri. Tuttavia venne riaffermata la monarchia di diritto divino. Al re viene ancora riservata l’iniziativa di emanare le leggi, ma devono essere votate dal parlamento, il quale era diviso in due camere, la prima è la camera dei pari, i cui membri sono nominati dal re, l’altra, la camera dei deputati, i cui membri vengono eletti con suffragio censuario.

A Luigi XVIII succede nel 1824 il fratello Carlo X. Diversamente dal fratello maggiore, Carlo non aveva compreso i mutamenti che aveva portato il periodo rivoluzionario, tanto che prova a rinverdire i simboli dell’Antico Regime. Carlo X, successivamente, abbandona Parigi ma la monarchia sopravvisse, con l’arrivo al regno di Luigi Filippo d’Orléans, esponente di un ramo cadetto dei Borboni e considerato di orientamento liberale. Il principale cambiamento sta nel concetto di sovranità nazionale che rimpiazza la sovranità per diritto divino. Questo cambiamento si manifesta anche sull’intitolazione del Luigi Filippo, non più “re di Francia”, bensì “re dei francesi”. La bandiera tricolore rimpiazza definitivamente la bandiera borbonica. A questo punto la borghesia acquisisce una posizione sociale di predominio perché si occupa sia della politica che dell’economia del paese. Ma con la fine delle guerre rivoluzionarie , l’attività economica subisce un rallentamento dal 1817 al 1850, quindi la borghesia non ha trovato grandi vantaggi come negli anni napoleonici. Le cause sono molteplici: la rarefazione dei metalli preziosi nel mondo, la lentezza dei progressi tecnici soprattutto nel campo energetico e infine l’insufficienza dell’attrezzatura bancaria che non permette grandi imprese. Lo sviluppo economico del tempo dipende dal capitalismo commerciale e non dalla massiccia industrializzazione, dunque l’apertura di alcune banche, l’edificazione nel 1842 della struttura ferroviaria francese, la nascita del piccolo mercato contadino e la proprietà fondiaria rappresentano un incremento di ricchezze per il paese dopo l’esilio.

Per quanto riguarda gli ambiti culturali della borghesia, fino alla prima metà del XIX secolo, restano gli stessi delle precedenti generazioni, e le istituzioni scolastiche della Chiesa, alla vigilia della rivoluzione, tendono a dissolversi. Nel 1815 l’università imperiale si trasforma in regia come i collegi e i licei e fino al 1848 il suo statuto non è toccato dalla Restaurazione. Il monopolio delle università non è più detenuto dalla chiesa. La facoltà che avrà più successo sarà quella di diritto e di medicina, quest’ultima avrà un enorme sviluppo nell’ambito tecnologico. La parte più viva della città resta sempre l’insegnamento secondario: le cittadine fondano un collegio; nel 1821 i titolari dei collegi possono costituire il corpo insegnante e viene istituito un regolamento dell’istruzione che precisa programmi e la durata dei corsi di filosofia.

La monarchia di luglio infine completa l’opera nel 1833 dando la prima costituzione all’insegnamento primario: dal 1833 ogni comune è tenuto ad avere un bilancio scolastico ed è consentito a più comuni di associarsi per fondare una scuola. I maestri devono essere stipendiati in parte dalle tasse scolastiche e in parte dal comune, essi sono soggetti al controllo del clero e di un corpo di ispettori che verificano l’esecuzione dei programmi.

In conclusione, la borghesia liberale ha trovato nell’ordinamento della monarchia costituzionale, lo strumento politico che preferisce.

Quando ero studente negli anni 70, alla prestigiosa Università degli Studi di URBINO “Carlo BO”, nel seguire e sostenere gli esami di Lingua e Letteratura francese con il Magnifico Rettore Prof, Carlo BO, mio maestro di vita e di formazione, di Storia Medievale e Storia Moderna con il Chr.mo Prof. Don Lorenzo BEDESCHI e Storia Contemporanea con il Chr.mo Prof. Enzo SANTARELLI, ho apprezzato tantissimo la Storiografia dominante sulla Rivoluzione francese, una Rivoluzione quasi esclusivamente sociale, che andava dal rovesciamento dell’aristocrazia all’avvento di una nuova diseguaglianza di classe. E in fondo la Rivoluzione francese, in quanto rivoluzione borghese, era vista quasi soltanto come la premessa di un’altra rivoluzione borghese, destinata ad adempiere le promesse che la Rivoluzione francese non aveva mantenuto. Ho trovato affascinante e appassionante nella Rivoluzione francese la straordinaria accelerazione nella ricerca dell’universo politico moderno. Se la consideriamo nell’arco di dieci anni, tra il 1789 e l’avvento del Bonaparte, la Rivoluzione ha espresso successivamente quattro regimi: una monarchia costituzionale, una repubblica fondata sull’arbitrio e sul terrore, un tentativo di regime parlamentare, di repubblica parlamentare, che sarebbe il direttorio, ed infine il ritorno ad un regime più autoritario dell’Ancien Régime, che potrebbe essere qualificato come dittatura democratica, nel senso che Napoleone mutua la sua legittimità dalla sovranità popolare.

 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE SULLA RIVOLUZIONE FRANCESE

Per chi volesse approfondire la interminabile bibliografia sulla Rivoluzione Francese, si consigliano in modo particolare alcuni testi:

  • Alexis de TOCQUEVILLE, L’antico regime e la Rivoluzione. Editore Bur Biblioteca Un. Rizzoli.
    Grande rilievo hanno avuto le cause sociali ed economiche che hanno portato al crollo del vecchio regime. La Francia prerivoluzionaria esaminata con attenzione ai conflitti sociali e alla crisi dei valori collettivi. Tocqueville ha il merito di andare oltre le periodizzazioni tradizionali e di sottolineare la continuità amministrativa esistente con la Rivoluzione ed i suoi sviluppi.
  • THIERS, Storia della Rivoluzione francese, traduzione it., Milano, Dall’Oglio, 1963.
  • Alan FORREST, La Rivoluzione francese, il Mulino, Bologna 1999.
  • Michel VOVELLE, La Francia rivoluzionaria. La caduta della monarchia. 1787-1792, Bari, Laterza 1974. E Breve storia della Rivoluzione francese, Laterza 1979.
  • Albert SOBOUL, Storia della Rivoluzione francese. Editore Bur Biblioteca univ. Rizzoli.

Prof. Giovanni FERRARI
Dipartimento Studi Umanistici
UNIVERSITÀ’ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II”

 

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