Prosperi: la giovinezza tra Lucca, Roma e il Piemonte

GIOACCHINO PROSPERI UN PRETE RIVOLUZIONARIO

Padre Gioacchino Prosperi fu certamente un personaggio singolare: intelligente e bizzarro, strano e battagliero, come lo definì nel 1926 il suo biografo Luigi Venturini. Egli, per la sua intera esistenza, fece ragione di vita della propria missione religiosa in chiave politica. Passò indenne da situazioni molto complesse, fedele alle ragioni che sosteneva ed in pari tempo all’abito che portava. Probabilmente per lui l’essere un padre muratore (il condizionale è d’obbligo, anche se è del tutto evidente che il documento presente in Archivio a Lucca a lui rivolto così lo definisce, e ad una perizia grafica potrebbe risultare scritto dallo stesso religioso, parlando in questo caso in terza persona, perché lo stile di scrittura pare proprio il suo) non cozzava con l’affermazione del Vangelo. L’ambiente di provenienza, legato per parte paterna agli ambienti musicali (parentela con Luigi Boccherini) e per parte materna agli ambienti cattolico liberali di stampo manzoniano, lo posero nella condizione di nutrire stima per il nuovo, a cavallo tra antico regime e modernità. Questo sicuramente per lui rappresentò lo stesso bonapartismo.

 

Prosperi: la giovinezza tra Lucca, Roma e il Piemonte

Parte I

La disamina dei rapporti tra Stato e Chiesa nello Stato Sabaudo all’indomani del Congresso di Vienna ci introduce in un panorama culturale italiano che si fece sempre più variegato all’interno delle diverse anime dell’opinione guelfa. La proliferazione di organi di stampa e di movimenti associativi come le Amicizie Cristiane, a tendenza teocraticolegittimista, alimentò la diffusione di nuove correnti filosofico-teologiche. Fra queste correnti possiamo annoverare la scuola rosminiana, che ebbe una larga penetrazione nel nord Italia e che si proponeva, sotto le spinte di una questione nazionale che guadagnava nuovi settori dell’opinione pubblica, un dibattito sempre più stringente sui rapporti tra religione cattolica, idea di nazione e principio di sovranità.
Furono anni in cui emerse, specie nelle aree urbane dell’Italia padana e toscana, una generazione di uomini di Chiesa che non aveva più molto in comune con il clero settecentesco o dell’età rivoluzionaria. A questo gruppo di religiosi appartenne padre Gioacchino Prosperi. Il testo di Luigi Venturini, datato 1926, che sono riuscita a rinvenire alla biblioteca Labronica di Livorno, mi ha permesso di scoprire ed apprezzare il religioso lucchese.


Lucca e il pirncipe BaciocchiLucca e il principe Felice Baciocchi


L’autore lo presenta in modo alquanto originale, affermando che intende ridare «alla luce un vecchio libricciolo e un vecchio uomo; l’uno e l’altro dimenticati nel tempo giustiziere e come tale talvolta spietato. Il libro e l’uomo furono mediocri, ma l’Italia può ben rievocare certe idee e certe situazioni». Quella che Venturini definisce mediocrità appare, ad un’analisi più particolareggiata, caparbietà del nostro, unita ad una buona dose di intelligenza e tenacia, tale da portarlo a destreggiarsi in situazioni talvolta complesse, restando sempre fedele all’abito che portava e soprattutto alle idee che professava.
Gioacchino Prosperi, nato a Lucca nel 1795, respirò, sin dalla prima infanzia, i contrasti politici interni alla propria città, che perse nel 1799 la sua indipendenza. Questi contrasti portarono i francesi occupanti ad abbozzare una costituzione provvisoria, provvedendo, la mattina del 4 febbraio 1799, all’insediamento del nuovo governo con a capo del Direttorio Paolo Garzoni, Domenico Moscheni, Stefano Erra, Francesco Ambrogini, Vincenzo Cotenna, che si misero al servizio dei dominatori nell’intento di conservare almeno un barlume d’autonomia per la loro città. In breve tempo però gli eserciti francesi si trovarono sotto una forte pressione degli austro-russi e, una volta sconfitto il generale Macdonald sul Trebbia, Lucca fu sgombra dalle milizie francesi (17 luglio 1799).
Il periodo di dominazione austriaca, che durò circa un anno, fu contrassegnato dalla soppressione dei ministeri istituiti dal governo democratico e dalla creazione di un Commissariato di giustizia e di polizia che si propose la persecuzione di coloro che avevano simpatizzato per il precedente regime e la soppressione di quanto tale regime aveva realizzato.
La vittoria di Marengo del 14 giugno 1800 restituì Lucca ai francesi. Il 9 ottobre la reggenza si trasformò in governo provvisorio.
Il successivo Trattato di Madrid del 21 marzo 1801, che seguiva la pace di Luneville del 9 febbraio, fece ben sperare i lucchesi poiché con tale trattato venne istituito il Regno d’Etruria”, destinato all’infante di Spagna, senza comprendere Lucca. Formalmente Lucca venne istituita come Repubblica dal trattato, ma le istituzioni repubblicane funzionarono per breve tempo perché ad esse succederà il Principato.
Quest’epoca, complessivamente caratterizzata da un tentativo di riordino generale non riuscito, ma che lascerà comunque una traccia positiva nel contesto cittadino, vide anche escludere nel 1813, con l’occupazione inglese e la creazione del governo provvisorio degli Stati Lucchesi in nome di Murat, un ritorno dei Baciocchi per avvenute manifestazioni popolari anti-napoleoniche. In quella circostanza fu presidente senatoriale l’arcivescovo Filippo Sardi. Nello stesso periodo fu affidato a Cesare Sardi e a Giovanni Cittadella, recatisi a Parigi, il compito di esprimere ai rappresentanti delle potenze il voto senatoriale lucchese per il ritorno all’antica autonomia. L’avvento al potere della dinastia Borbonica fece ben sperare la compagine cittadina, ma si trattò in verità di speranze mal riposte: il destino politico di Lucca era oramai segnato e Gioacchino Prosperi, patrizio di nascita, studi in seminario nella sua città e successivamente in S. Andrea al Quirinale, a Roma, aveva certamente bisogno di far proprie nella vita delle certezze, coniugando la vocazione religiosa con la scelta di un ordine solido ed emblema della Restaurazione come la Compagnia di Gesù.
Secondo Giacomo Martina «attirava certamente la solidità della Compagnia, che si presentava non come un istituto del tutto nuovo, alla ricerca della propria strada (altri istituti del tempo lo erano e, fra questi i passionisti, i lazzaristi, i pallottini) ma avevano [i gesuiti] viceversa una tradizione storica ben nota, una buona solidità culturale, un’ascetica che aveva dato buone prove, una rigorosa disciplina». Questa forza di attrazione spiegherebbe, secondo Martina, il progressivo aumento del numero dei membri, subito dopo la caduta del regime napoleonico.
Prosperi divenne padre gesuita nel 1815. Ciò si evince da una lettera a Cesare Lucchesini del 1821, inviata da Oleggio a Lucca, in cui il nostro dichiara di essere figlio di obbedienza da sei anni. Gli anni romani furono anni essenziali per la riorganizzazione dell’Ordine, dopo la sua ricostituzione nel 1814 con la bolla Sollecitudo omnium ecclesiarum, letta il 7 agosto di quell’anno nella cappella annessa alla chiesa del Gesù. La Compagnia di Gesù era stata soppressa nell’agosto del 1773 da papa Clemente XIV “per la pace della Chiesa”, su pressione di alcune corti europee, in particolare di quelle borboniche. Al momento della soppressione furono attivate tutte le procedure necessarie per il passaggio di proprietà dei beni dell’Ordine e per la sistemazione dei gesuiti, ridotti a semplici sacerdoti secolari. Questi ultimi avevano fatto grandi proseliti tra il XVII ed il XVIII secolo, sia in Europa che fuori dal continente europeo, con un’intensa attività apostolica. Basti ricordare i successi in India con Roberto de Nobili ed in Cina con Matteo Ricci. Se in un primo tempo la loro opera missionaria aveva giovato alla politica espansionistica delle principali potenze cattoliche dell’epoca, successivamente andò ad interferire con gli interessi economici e soprattutto politici di stati nazionali che aspiravano ad emanciparsi dall’ingerenza, spesso troppo marcata, delle gerarchie ecclesiastiche. Gesuita diventò così sinonimo di potere e ricchezza.
Il quadro che caratterizzò gli anni rivoluzionari fu particolarmente convulso, al punto da veder morire prigioniero a Castel S. Angelo l’ex generale Lorenzo Ricci, zio del conosciuto vescovo di Pistoia Scipione de’ Ricci, che aveva dovuto a fine Settecento, per un certo periodo, sostenere un processo, interrotto per l’inconsistenza delle accuse. Quando l’Ordine fu ripristinato non mancarono difficoltà interne, che vennero però in breve superate, grazie soprattutto all’intervento diretto di Pio VII.

Elena Pierotti

Fonti:
Augusto Mancini, Storia di Lucca, Lucca, Maria Pacini Fazzi, 2003.
Giacomo Martina, Storia della Compagnia di Gesù in Italia (1814-1983), Brescia, Morcelliana, 2003.
Luigi Venturini, Di Gioacchino Prosperi prete lucchese e del suo libro sulla Corsica, Milano, Ist. Edit. Scient. Tyrrehenia, 1926.
Biblioteca di Stato di Lucca, Manoscritto 1368, lettera di G. Prosperi a C. Lucchesini, da Oleggio, 2 ott. 1821.

 

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