La marchesa Bernardini, Metternich e la politica europea

La marchesa Bernardini, Metternich e la politica europea

Scopriamo dalle carte della marchesa Bernardini che in Firenze, nel 1834, transitò il conte Broglio, sabaudo e legato a Carlo Alberto di Savoia, per il quale ricoprì incarichi. Il conte Broglio passò anche da Lucca.


Il principe Metternich al Congresso di ViennaIl Principe Metternich al Congresso di Vienna


La marchesa si trovava in quel preciso momento proprio a Firenze, dall’amico Graberg. Ella scrisse in quel frangente ad Ascanio Mansi, Segretario di Stato lucchese, in data 7 luglio 1834:

«La gita che fa a Lucca il conte Broglio, munito finalmente delle Lettere che lo accreditano presso la nostra Corte, da lui per quanto sembrava desiderata invano, mi offre una buona occasione per rammentare a voi ed anticipare una comunicazione che mi riservavo a fare in persona contando poter essere in Lucca prima del termine di questa settimana. Alcuni affari che non ho potuto anco sbrigare per la lentezza di questi tribunali e a motivo di villeggiature di persone con cui avevo a trattare, mi faranno per quanto prevedo differire alla ventura settimana il mio ritorno e fra tanto sarà bene che vi informi di quanto mi sembra opportuno che sappiate. Come vedrete dalla data dell’acclusa lettera sono pochi i giorni che mi fu diretta dal conte di Sebettghsche e mi fece fare molte congetture sui motivi che potevano averlo indotto a scrivermela e tra queste non vi nasconderò che i graziosi complimenti che vi leggevo mi dettero un momento un sospetto che si sapesse che io potessi lasciarmi indurre a togliere la difficoltà di mezzo prendendo io l’opera di cui si tratta».

Qui la marchesa, seppur sibillina, chiarisce al Segretario di Stato lucchese alcuni particolari che indicono il lettore a pensare ad una macchinazione in cui lo stesso nobile prussiano pare coinvolto, di concerto con il Mansi. Non dimentichiamo i retroscena del duca lucchese Carlo Ludovico di Borbone circa il suo protestantesimo ma soprattutto i suoi legami con Stati che oggi definiremmo “canaglia”, come poteva essere la Prussia di allora, votata a mire Risorgimentali che poi si concretizzeranno con la proclamazione del Secondo Reich.

Prosegue infatti la marchesa:

«Ella [Ascanio Mansi] è troppo importante e dirò così troppo tecnico per poter essere adatta a me onde non farci che al più di scorrerla [si tratta di un’opera letteraria] e tentata a leggerne qualche brano più alto alla parola comune!».

La modestia della marchesa contiene in se stessa un certo fare guardingo. Prosegue infatti, più avanti, nella stessa lettera:

«Degli affari attesi, considerando Egli [Sebettgtsche] l’accennata opera come autentica e come una specie di Archivio di documenti diplomatici, non vi sentiste disposto ad acquistarla. Posso dirvi che in mia presenza la propose al conte Broglio, che la trattò troppo cara per lui. Egli [il conte Broglio] vi darà le poche notizie che potrei darvi io, onde non mi resta che rallegrarmi delle buone nuove che mi hanno dato della Sua salute e ripetermi.
P.S: poiché avete la Regina Madre, è inutile che io vi dica che il 18 la Granduchessa andrà in Santo e il 20 uscirà di casa per andare col Granduca a Livorno
».

Il Segretario di Stato Lucchese e il conte Broglio sono interessati alle medesime carte, per di più di stampo diplomatico, offerte a caro prezzo. Il conte Broglio non ha disponibilità finanziaria sufficiente per acquistarle, mentre il duca borbonico pare, dalla lettera, di sì. Era il duca effettivamente uno spendaccione, che si indebitò fino a vendere nel 1847 il ducato al miglior offerente. Forse questa la ragione dell’interessamento del Mansi a quelle carte?

Presente una qualche macchinazione politica di stampo federale? Un mercanteggiare sospetto? In verità pare esservi stato in Firenze per la circostanza un rendez vous particolare, e ciò esattamente due anni dopo, ossia nel 1836, tra i vari Principi della Penisola, includendovi i Principi francesi. L’amico Graberg scriverà alla marchesa Bernardini in data 11 giugno 1836:

«Intesi però bene dalla contessa di Lipoma [alias Carolina Bonaparte, vedova dell’ex re di Napoli Gioacchino Murat] a cui il 10 avevano forse riferito gli inglesi e francesi che la visitavano [in Firenze, dove risiedeva] la probabilità che i principi Francesi vengano a Firenze, per poi imbarcarsi a Livorno o riprendere la via di Genova e di Torino».

Si suppone dalla lettera che i Principi francesi sottesi – i Bonaparte suppongo, non certo i Borbone, visto che Luigi Filippo si era davvero defilato sul piano della politica europea nel perseguire finalità liberali e non poteva comunque concertare con Carolina Bonaparte – avessero buoni agganci a Londra. Ciò non stupisce, dal momento che in quegli anni i Bonaparte mantennero serrati contatti con Lord Holland, il capofila whig londinese.

Chi è davvero dunque la marchesa Eleonora Bernardini? Voglio azzardare, ma forse la lettera che sto per trascrivere può confermare che non trattasi poi di azzardo. La marchesa Bernardini a mio avviso è un agente, peraltro ben conosciuto e monitorato dagli Asburgo, vicina anche agli ambienti vaticani, che risultano dalle lettere omaggiarla, la quale foraggiò quei “napoleoni” che sperarono di accaparrarsi, nelle vicende italiane, un ruolo guida, direi quasi egemone.

Il principe di Metternich tenne d’occhio la marchesa, e senz’altro temette le sue macchinazioni. Leggiamo in proposito la lettera del 23 settembre 1838, inviata da Eleonora Bernardini sempre ad Ascanio Mansi:

«Non ho ancora risposto alla graditissima da Milano del 16 perché non sapevo dove raggiungervi, leggendo i progetti ulteriori del vostro viaggio che avete fatto benissimo a prolungare in quanto eravate in moto e in situazione da poter disporre di voi come non di frequente vi accade. Essendomi informata ho inteso da suo figlio esservi stata diretta una lettera a Genova ed io seguo il suo esempio con tanta maggiore certezza che trattereste in questa città in quanto ho saputo dalla Gazzetta di Genova l’arrivo del marchese di Brignole da Parigi, confermatomi in serata dal principe di Metternich, il quale mi ha favorita (la sera) una visita che mi ha fatto rivolgere tutti gli occhi del teatro e dato luogo forse a strane congetture, mentre io la prima ne ero sorpresa quanto onorata, benché Egli nel 1819 si fosse rammentato della nostra vicinanza ai Bagni del 1817, venendo a trovarmi in casa col conte Appony».

Perché tanto interesse del principe di Metternich per la marchesa, di idee, come possiamo evincere dalle successive missive, piuttosto “liberali”? Si trattava, ritengo, di visite di cortesia dettate dal bisogno di rammentare le buone pratiche da seguire nei suoi spostamenti piuttosto frequenti. Buone pratiche le sue di natura politica.

Eleonora Bernardini nel 1838 insistette nella sua corrispondenza col segretario di Stato lucchese sulla necessità di rammentarla all’ottimo marchese di Brignole, «il quale conoscette la mia simpatia e la mia stima. Riservando il resto oltre le nostre [col Mansi] prossime conversazioni».

Il “resto” cui ella si riferisce sono le confidenze politiche che non può scrivere e che preferisce riportare a voce. Il riferimento ai Brignole in questo caso è duplice. Da una parte il diplomatico Antonio Brignole Sale, presente a Parigi per un certo periodo e che Carlo Alberto in quel frangente richiamò in Patria. Dall’altra un Monsignore, dalla marchesa non meglio identificato, appartenente alla stessa Casata, proveniente da Firenze, come si evince dalla corrispondenza, e diretto anche lui, per l’occasione, a Genova.

Un rendez vous, quello genovese, dettato con ogni probabilità dal bisogno di ridefinire un contesto politico. Al quale la marchesa non pare affatto estranea.

Elena Pierotti

Fonti
Commentarii della Rivoluzione francese, primo tomo, Tipografia Fabiani, Bastia 1836.
Archivio di Stato di Lucca, Carte Mansi, filza n. 4, Rif. 206.

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