Mantova austriaca nel Settecento

Mantova austriaca nel Settecento

Il bando che la dieta di Ratisbona aveva pronunciato il 30 giugno 1708 contro Ferdinando Carlo Gonzaga, accusato di fellonia per essersi schierato con Filippo di Borbone e i francesi, rappresentò l’epilogo formale di una triste vicenda con la quale si chiudeva un lungo periodo della storia di Mantova. Dopo quasi quattro secoli finiva in modo ignominioso quella dinastia gonzaghesca, che pur aveva dato al proprio dominio momenti di grandissimo splendore.


mantova-fine-del-xvi-secoloMantova, fine del XVI secolo


Le paci di Utrecht (1713) e Rastadt (1714) riconobbero Filippo V come nuovo re di Spagna, il quale dovette tuttavia rinunciare ai Paesi Bassi ed a tutti i domini italiani: Milano, Napoli, Sicilia, Sardegna e lo stesso Ducato di Mantova furono riconosciuti a Carlo VI.
La morte di quest’ultimo, avvenuta il 20 ottobre 1740, rigettava l’Europa nel vortice della guerra: mentre Federico II di Prussia occupava la Slesia, a lui si aggiungevano Carlo Alberto di Baviera e Luigi XV che, collegatosi con il re di Prussia il 5 giugno 1741, inviò in Germania due armate per sostenere il principe di Baviera, al quale i trattati conclusi assicuravano il trono imperiale.
Maria Teresa fu costretta a riparare in Ungheria e Carlo Alberto, occupata l’Alta Austria e la Boemia, impadronitosi di Praga, il 27 gennaio 1742 a Francoforte venne eletto imperatore sotto il nome di Carlo VII.
Era naturale che le brame dei sovrani europei si rivolgessero anche sui domini italiani degli Asburgo: Filippo V di Spagna, alleandosi con Carlo Alberto di Baviera (18 maggio 1741), aveva provveduto a farsene riconoscere il diritto di conquista.

Nella città di Mantova, per altro saldamente presidiata dalle truppe austriache, regnava un clima di calma apparente: il 31 gennaio 1741 vennero celebrate le solenni esequie del defunto Imperatore e nei giorni 13 e 14 febbraio i rappresentanti della popolazione prestarono nelle mani del vicegovernatore il giuramento di fedeltà a Maria Teresa.
In realtà l’entusiasmo manifestato dai mantovani in occasione della solenne cerimonia non dev’essere stato eccessivo. Va ricordato innanzitutto che la situazione non incoraggiava a facili esplosioni di gioia: sotto la pressione dei gravi avvenimenti politico-militari, il governo asburgico aveva imposto pesanti contribuzioni.
Risulta di fondamentale importanza, in tal senso, la testimonianza offerta da un tale Vaclido Finetez (evidentemente uno pseudonimo), cittadino mantovano, nel suo Fuggilozio dell’anno 1741:

«A giudicare dalle apparenze potevamo fra di noi credere una desolazione generale, non perdonandola né a Gradi né a distinzion di Persone: ma questa, come poi vedremo, continovò bensì a danno di tutt’il Paese con l’assiugamento delle sostanze, ma per le Cariche e Pensionari si restrinse ad un solo timore. Li 4 Febbraio, per ordine della Corte di Vienna furono tosto sospese tutte le pensioni, e paghe de’ Tribunali, e Pensionari, volendo queste passarle a pro’ della cassa militare, per supplire alle pressanti bisogna della Real nostra Sovrana; ma quanto parve rigido l’ordine, altrettanto clemente ne fu la risoluzione, poiché si bene poterono far conoscere le lor ragioni, che tosto dall’animo pio della Regina ottennero il favorevol rescritto di Grazia. Non così fu per noi, che cominciassimo a tributare, e finchè a Dio piacerà concederne il fine, continovaremo. Noi siamo il tributo, e quelli sono i mezzi per ottenerlo».

Anche la nascita dell’arciduca Giuseppe, avvenuta il 13 marzo 1741, non fu che un pretesto per avanzare la richiesta di un donativo di cinquanta mila fiorini, motivata con l’acquisto delle fasce per l’Augusto infante.

Per riscuotere tale denaro e per incentivare i cittadini più facoltosi a versare congrue somme a titolo di sussidio a Sua Maestà, venne inviato a Mantova nell’ottobre del 1741 il regio commissario conte Rocco Antonio Salvadori.
Sull’operato di costui così vivacemente si esprimeva il sopracitato autore:

«Il Popolo d’Israele fu perseguitato da Faraone, ma finalmente questo perì nel Mar Rosso: l’infelice Popolo di Mantova viene tiranneggiato da un Commissario Generale speditosi dalla Corte di Vienna, sicché imploriamo la verga di Mosè per ripararne l’eccidio».

Il malcontento che alcuni cittadini riuscirono a far pervenire alla regina Maria Teresa ottenne l’effetto desiderato: il 31 marzo 1742 cessò l’incarico affidato al conte Salvadori, restando affidato alla Direzione Generale delle Finanze di provvedere alla riscossione del denaro e all’approvvigionamento di grano.

«Fu si pressante – ricordava il cronista mantovano Federigo Amadei – la pubblicazione di quest’editto che lo stampatore ebbe comando di metterlo sotto il torchio il sabato notte, e fu indi affisso dal banditore a suon di tromba la domenica mattina: cosa per altro insolita, anzi non più praticatasi ne’ giorni festivi».

Si può facilmente comprendere da questo particolare con quanto sollievo i mantovani avessero accolto la notizia dell’allontanamento del conte Salvadori.
Nel frattempo la guerra si stava avvicinando al territorio Mantovano: Carlo Emanuele III di Savoia, accordatosi il 1° febbraio 1742 con Maria Teresa, era sceso poco dopo in campo per impedire la conquista della Lombardia da parte della Spagna e il 20 maggio le sue truppe si erano unite sul Panaro a quelle comandate dal conte di Traun.
L’obiettivo degli austro-sardi era quindi l’eliminazione di Francesco III d’Este, pericoloso alleato degli spagnoli.
L’8 giugno 1742 anche la guarnigione di Mantova partì per ricongiungersi con le truppe del conte di Traun e in città venne costituita una milizia locale di 500 uomini agli ordini del maggiore Giuseppe Leonardi.
Il 29 novembre nel Ducato di Mantova come nuovo vice-governatore venne nominato il conte Gian Luca Pallavicini, comandante dell’armata che aveva sconfitto gli spagnoli sul Panaro, e pochi giorni dopo venne inviato a ricoprire la carica di Direttore delle Finanze il conte Giuseppe d’Aguirre.

Risulta chiaro, a questo punto, come l’antica classe dirigente mantovana stesse andando scomparendo, progressivamente sostituita dalla burocrazia della corte di Vienna.
In una pagina interessantissima, poiché ci fornisce alcuni particolari sulla vita di Mantova in quei giorni, il già citato Amadei ricorda una leggera scossa di terremoto, verificatasi il 20 febbraio 1743, «per la quale ogni persona timorata di Dio si raccapricciò al riflesso del terribile minacciato gastigo», e riferisce che «ciò null’ostante trovossi taluno di rango nobile che, fomentando altri suoi pari, dediti a bagordi carnovaleschi, sollecitò ed ottenne dal nostro Vice – governatore Conte Pallavicini … la licenza delle maschere duranti gli ultimi quattro o cinque giorni che restavanci di Carnevale, per isvagarsi dal tetro salutare pensiero del tremuoto». Dopo di che egli continua nella seguente degradazione dei costumi dei suoi concittadini:

«Oh pazzia del secolo, dove mai si arriva alla scostumatezza del viver moderno. Non posso a meno di non escire in questo trasporto contro della mia patria e di non far questa laconica lezione morale a’ posteri, acciocché un poco più temano le giuste collere di Dio, sdegnato contro il libertinaggio, il lusso e l’inverecondia del vestire, massimamente nelle femmine, le quali, con un immodestissimo raccorciamento di gonna, ostentano la metà delle gambe per la maggior lindura nel camminare, facendo con ciò arrossire la castità de’ buoni ed attizzando a libidine la malizia de’ cattivi».

Pur volendo considerare le parole dell’Amadei come lo sfogo accorato di un laudator temporis acti, è chiaro che la nobiltà mantovana, priva ormai di una sua funzione politico-amministrativa, non esercitava se non un fattore negativo nella storia della città, non costituiva se non una struttura gravante sulla vita del paese con tutta l’ampiezza dei suoi privilegi.

Alessandro Ballarini

Fonti
Federigo AMADEI, Cronichetta dal 1741 al 1756, in ARCHIVIO DI STATO DI MANTOVA, Fondo d’Arco, n. 48.
Vaclido FINETEZ, Fuggilozio dell’anno 1741, in ARCHIVIO DI STATO DI MANTOVA, Fondo d’Arco, n. 182.

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Un commento su “Mantova austriaca nel Settecento

  1. In quel periodo in Mantova nasceva Enrico Napoleone Razzoli, il futuro celebre martire di Belfiore a Brescia. Sua madre era Isabella Arrivabene Gonzaga, nobildonna cittadina che aveva ben recepito le istanze napoleoniche vive nella città di Mantova. ed infatti il figlio fu chiamato enrico Napoleone. Uno dei personaggi chiave del nostro risorgimento liberale, non troppo conosciuto e celebrato.

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