Massena, il governo ligure e la crisi del grano

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In questo estratto, Angelo Petracchi ci fornisce uno spaccato dei rapporti tra Massena (costretto dall’esercito austriaco del generale Michael von Melas a ripiegare su Genova) e il governo della neonata Repubblica ligure, alla cui riorganizzazione i francesi avevano prontamente provveduto, insediando nei posti di comando elementi del patriziato genovese, come Girolamo Durazzo, Paolo Celesia e Michelangelo Cambiaso. Il brano, con la descrizione della crisi del grano che afflisse la città, offre anche un interessante esempio di cosa significasse amministrare, in quegli anni, un’importante centro portuale quale Genova.


Carta del Golfo di Genova, Massena, il governo ligure e la crisi del granoIl Golfo di Genova


Massena, il governo ligure e la crisi del grano

Intanto che Massena si occupava di tal riorganizzazione, mandava l’Ajutante Generale De Giovanni a Genova a prendervi provvisoriamente il comando del suo Stato Maggiore, e ciò per veder interamente lo stato della truppa in Liguria, e calcolare esattamente le sue forze. Eseguisce in pochi giorni De Giovanni la sua missione, e torna verso Nizza a renderne conto a Massena; quindi si rende di nuovo a Genova per preparar il tutto alla prossima venuta del Gen. in Capo; il quale giunto appena, si affretta a dar un nuovo ordine all’Armata, dando il comando dell’ala dritta al Gen. Soult suo primo Luogotenente Generale, e della sinistra al Gen. Souchet; cangia quindi i posti ai Generali Divisionarj de’ quali alcuni tornano in Francia, come Victor, e Lemoine; altri restano come Miollis, e Marbot; altri sono venuti seco come Gazan, e Oudinot, ed altri infine si aspettano come Loison, Muller, e Rochembeau. Distribuisce alla medesima maniera gli altri Ufficiali maggiori, e rettifica in tal guisa tutto il corpo d’Armata, che trova in Italia, occupandosi a rimettervi la disciplina, ed a completarlo quanto più gli è possibile. Né qui solamente si arrestarono le sue cure. Si diresse ancor la sua attenzione sul Governo Ligure. Era già qualche tempo che sotto gli auspicj del Console Francese Belville erasi operato in quel Governo cangiamento, che volevasi far passare per una sequela di quello accaduto in Francia. Ma i sensati osservatori non si erano lasciati illudere né dai nomi, né dalle circostanze; avevano essi chiaramente veduto in qual contrasto anzi fosse il cangiamento Ligure con quello di Francia; talchè servendoci delle frasi correnti, se in Francia non si respirava che moderazione e ragione, in Genova si mettevano alla testa delle cose alcuni di quei tali, ch’erano creduti fautori del terrorismo, e del rigore. È vero che unirono ad essi due o tre stimabili soggetti, che godevano della pubblica opinione; ma che non potendo aver pluralità di voce nelle discussioni, divenivano puramente utili per l’apparenza, e nulla più. Io mi riporto in ciò a quanto ne fu detto in Genova a quel tempo; non potendo come forastiere decidere da per me stesso di tali persone: so bene però, che questa Commissione molti, e gravi sbagli commise, come fu quello dei grani, dal quale devono forse ripetersi tutti i mali sofferti nell’assedio, e la perdita istessa della Piazza. L’incetta fatta sui particolari, e l’obbligo imposto ai Negozianti che conducevano grani in porto di vendere al Governo, e di più al prezzo, che si sarebbe fissato dal Governo medesimo, furono la causa di tali inconvenienti. Trovossi infatti Genova mancante all’improvviso di pane, e quel ch’è peggio, introdottasi la diffidenza tra i commercianti, si preparò sin d’allora quella carestia di tal genere, che difficoltandone in appresso l’introduzione, ridusse la città alle ultime angustie. Né voglio tralasciar già di far noto il rifiuto che fece ad una compagnia di negozianti Ebrei, che esibitasi di provveder la città di grani. Chiedevano essi soltanto, che i corsari Francesi non molestassero i legni che ne avessero condotto, di qualunque Nazioni essi fossero, e che quindi fosse libero ai committenti di vender i loro carichi, come, ed a chi meglio gli fosse piaciuto. La Commissione si oppose ad ambi i punti, più per ignoranza, cred’io, che per malizia, e forse anche perché ne fu distolta dai consigli, dalle pratiche, ed anche dall’influenza di qualche autorità costituita marittima ch’era interessata su tutti i Legni Corsari.


Michelangelo Cambiaso - doge 1791-93, Massena, la repubblica ligure e la crisi del granoMichelangelo Cambiaso, doge di Genova dal 1791-93


Pensò dunque Massena a cangiar alcuni membri di cotesta Commissione; e persuaso che nulla più contribuisce alla tranquillità d’un paese, quanto la riunione di tutti i partiti, scelse i nuovi candidati dalla classe di coloro, ch’erano riputati saggi, e moderati, e che se erano, forse ingiustamente, riputati come aristocratici da una porzione di gente, godevano nell’altra la riputazione di esser gente dabbene, ed amante dell’ordine. Furono questi Girolamo Durazzo, Michel Angelo Cambiaso, Paolo Celesia, Emmanuele Balbi, e Straforello, prima cura de’ quali si fu lo spedir dappertutto commissarj, ed agenti onde affrettare la venuta del grano, che mancando vieppiù ogni giorno, cominciava a produrre qualche agitazione popolare. Cotesta scarsezza era giunta a tal punto, che non distribuitasi al Popolo, che due oncie di pane per cadauno, ed andando a mancar anche quelle, fu preso dal Governo il saggio provvedimento di far distribuire a piccolo prezzo in varj luoghi della città delle buone, e nutritive ministre, che tenevano sicuramente luogo di pane, e saziavano, e consolavano i poveri Cittadini. Intanto Massena aveva ottenuto dal nuovo Governo il mantenimento provvisorio della truppa, aspettando ad ogni momento le provvisioni che facevanglisi sperare da Nizza, e Marsiglia. Arrivò alfine mercè le cure della Commissione una quantità sufficiente di grano, che mise la città, compresavi la truppa, in istato di temere penuria almeno per altri quaranta giorni, e questo termine era più che sufficiente in un Porto come Genova, ove ogni momento altre volte giungevano de’ carichi di grani.

 

Istoria del blocco di Genova nell’anno 1800 dell’era francese VII
scritta dal Citt. Ang. Petracchi, Stamperia Porcile, Genova, 1800

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