Sant’Elena, “fabbrica” della leggenda napoleonica

Sant’Elena, “fabbrica” della leggenda napoleonica

Durante il suo esilio a Sant’Elena, Napoleone Bonaparte consacrò tempo ed energie a controbattere e a confutare la “leggenda nera”, costruita ad arte dai suoi avversari, di cui già abbiamo trattato nell’articolo L’«orco della Corsica». Questa “leggenda nera” presentava spesso numerose mistificazioni ed esagerazioni; lo scopo era denigrare l’Imperatore dei Francesi, ormai sconfitto ma comunque temuto, presentandolo come un tiranno privo di senno, avido di potere e assetato di sangue.
A Sant’Elena Napoleone, condannato alla lontananza dalla scena politica europea, lottò per confutare quella rappresentazione e divenne così l’artefice della propria leggenda.


Napoleone detta le sue memorie a Las Cases A Sant'ElenaNapoleone detta le sue memorie a Las Cases a Sant’Elena


Al suo seguito, nell’esilio, vi erano i generali Gourgaud, Bertrand, Montholon, il ciambellano Las Cases, i medici Warden, O’Meara, Antommarchi. Con costoro, ascoltatori compiacenti, egli iniziò l’opera di demolizione della “leggenda nera”, presentandosi come genuino erede dei valori del 1789, come strenuo difensore di un patriottismo altrimenti languente, infine come geniale statista.
Una prima spassionata difesa dell’Imperatore venne data alle stampe nel 1817, a Londra e a Bruxelles: venne attribuita inizialmente a Napoleone stesso, ma in proposito non mancano numerosi dubbi. D’altronde, secondo il cameriere Marchand, fu proprio Bonaparte a notare come, in quell’opera, generalmente apprezzabile, vi fosse una notevole confusione di date.
È stato persino ipotizzato che autore di quel testo, intitolato Manoscritto di Sant’Elena, fosse il maresciallo Marmont. Comunque il Manoscritto andò presto a ruba, dimostrando quanto vivo fosse l’interesse, quanto forte fosse la curiosità nei confronti di Napoleone; con ciò iniziò un vero e proprio profluvio di pubblicazioni sull’argomento.
Uno dei medici, William Warden, pubblicò le Lettere di Sant’Elena dove descrisse le proprie conversazioni avute con Napoleone; alle numerose inesattezze contenute in questo testo rispose Napoleone in persona, con delle lettere anonime, intitolate Lettere dal Capo di Buona Speranza, confutazione al dottor Warden. Possiamo dire che queste costituiscano una sorta di “assaggio” della leggenda che Bonaparte andava tessendo e che si sarebbe, nei successivi anni, consolidata.
Seguirono poi un’opera, uscita nel 1821 a firma M.C., e intitolata Napoleone, nascita, educazione, carriera militare, governo, caduta, esilio e morte; quasi contemporaneamente, nel 1822, vedevano la luce le memorie del dottor Barry Edward O’Meara intitolate Napoleone in esilio, una voce da Sant’Elena. Questi, accusato di aver simpatizzato col prigioniero, era stato richiamato in patria nel 1818.
E infine citiamo la fatica di Emmanuel de Las Cases, opera destinata ad avere uno strepitoso successo: il Memoriale di Sant’Elena, che fu scritto raccogliendo e trascrivendo le parole di Napoleone. Possiamo dire che in questo testo è contenuta l’eredità napoleonica, cioè il messaggio che l’Imperatore dei francesi voleva lasciare al mondo e alla posterità. Ma l’interesse di quest’opera, forse, risiede nella una molteplicità di aneddoti che fornisce sulla vita quotidiana di Bonaparte, racconti che permettono di entrare nella vita privata dell’uomo che aveva terrorizzato l’Europa intera.
Tradotto in sette lingue, il Memoriale diede la notorietà a Las Casas. Come ha scritto lo storico Jacques Godechot, questo fu il primo dei «Vangeli di Sant’Elena»: molti altri ne seguirono.

M. L.

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