Val Bisagno e Val Polcevera insorgono

Val Bisagno e Val Polcevera insorgono

(agosto-settembre 1797)

Parte I

L’8 agosto del 1797 la neonata Repubblica Ligure venne profondamente scossa da una serie di insurrezioni antifrancesi. I moti, che esplosero in nome della difesa della religione e contro la confisca dei beni ecclesiastici, riguardarono specialmente la val Polcevera, la val Fontanabuona (che non a caso doveva, qualche anno dopo, essere bollata come la Vandea d’Italia) e infine la val Bisagno.

Le popolazioni in questione marciarono su Genova inalberando croce e stendardi sacri e cantando inni religiosi; a guidare queste processioni erano i preti stessi dei paesi.


Val Bisagno e Val Polcevera insorgono Le principali aree delle insorgenze in Liguria


Il 4 settembre i paesani, scesi dai monti, giunsero nella località di Albaro, e si preparavano a entrare nella Superba. Il Governo, riconosciuta l’emergenza, rispose alla minaccia con le armi; il generale francese Duphot organizzò, nottetempo, un assalto di seimila uomini contro le “bande” di contadini.

Questi, stando alle cronache del tempo, si difesero energicamente, al punto che i soldati francesi dovettero ricorrere, per placarli, ai cannoni. Molti perirono, e numerosi furono quelli che caddero prigionieri. Carlo Varese, medico e scrittore, autore nel 1835 di una Storia della Repubblica di Genova, scriverà che «Quei di Fontanabuona e di alcuni villaggi intorno a Chiavari, già si erano avviati alla volta di Genova; ma giunti nel piano di Quinto, udito l’eccidio, si dispersero».

Il pericolo, comunque, era concreto e la Repubblica Ligure fu costretta a correre ai ripari. Il 4 settembre veniva lanciato un accorato appello alla popolazione, che proclamava:

«Cittadini, calmate ogni inquietudine. La Religione dei vostri Padri sarà mantenuta in tutta la sua purità. Il Governo la professa come voi. La vera democrazia ha sul Vangelo un fondamento insuperabile».

Allo stesso tempo il governo invitava Giovanni Lercari, arcivescovo di Genova, a deplorare la sommossa; il giorno 5, in una lettera pastorale, questi affermava:

«I maligni vi hanno forse fatto credere che vi si voleva togliere la religione dei vostri Padri ed obbligarvi a sanzionare la Costituzione … Noi vi assicuriamo che non resterà in verun modo pregiudicato il deposito della fede e della religione. Concepite un giusto orrore dell’imminente pericolo di una guerra civile, che porterebbe seco la strage dei vostri fratelli, la desolazione delle vostre famiglie e la rovina della intera nazione».

Intanto gli insorti polceveraschi conquistavano i forti Tenaglie e Sperone, e puntavano su San Benigno per fare il loro ingresso a Genova.

Il Registro delle Sessioni del Governo Provvisorio espone in modo chiaro quelle che erano le preoccupazioni che animavano la rivolta:

«5 settembre. Il cittadino Antonio Varni riferisce che gl’insorgenti della Polcevera non allegano altro motivo della insurrezione se non se il timore che non venga conservata la Cattolica Religione, e chiedono che i loro dubbi vengano dissipati da qualche membro del Governo e da qualche individuo costituito in dignità ecclesiastica, perché tutto sia composto, non sapendo li detti insorgenti acquetarsi ai Proclami del Governo e alla pastorale stampata dall’Arcivescovo giacché temono che questo sia un inganno dei loro malevoli per farli partire dai posti occupati».

A. I.

Bibliografia
Angelo Petracchi, Istoria del blocco di Genova nell’anno 1800 dell’era francese VII, Stamperia Porcile, Genova, 1800.
Antonino Ronco, Storia della Repubblica ligure 1797-1799, Fratelli Frilli, Genova, 2005.
Arturo Colletti, La Chiesa durante la Repubblica Ligure, A.G.I.S., Genova 1950
Carlo Varese, Storia della Repubblica di Genova dalla sua origine sino al 1814, Tipografia D’Yver Gravier, Genova, 1837.

Link utili
La Guerra in Val Fontanabuona e la «Vandea» ligure

Giovanni Lercari, in Dizionario Biografico degli Italiani della Treccani

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