Il viaggio in Liguria di Jacques Boucher

Giorgio Getto Viarengo, studioso e profondo conoscitore della storia ligure moderna e contemporanea, ci parla del libro Magnifici palazzi, vicoli senza sole, mettendo in evidenza gli aspetti di maggiore interesse e originalità contenuti in queste pagine.

Il viaggio in Liguria di Jacques Boucher

La cronaca di Genova e del territorio circostante rivive in un racconto non casuale, ma dettato dall’interesse di comunicare quanto un viaggiatore vede e vive nella propria esperienza.
Siamo nel 1805, un bastimento percorre la rotta da Marsiglia verso la Superba, il viaggio inizia con mare calmo e venti che gonfiano le vele, ma un’improvvisa tempesta costringe il capitano all’ormeggio, e l’ancora viene gettata nella rada di Vado. Poche miglia prima un violento fortunale aveva abbattuto l’albero, compromettendo la navigazione nella rotta verso Genova.
I rischi del viaggio non sono solo legati alle bizze del mare e dei venti, il capitano deve scrutare con attenzione l’orizzonte per non incrociare corsari barbareschi, spietati predoni che razziano i bastimenti in navigazione. Le navi genovesi devono ulteriormente temere le armi inglesi della Royal Navy e i loro corsari, questo pericolo deriva dallo scontro tra Francia e Gran Bretagna, con i Transalpini a proteggere i bastimenti genovesi. Perciò una navigazione pericolosa e temeraria, dove i naviganti attendono con ansia l’approdo, tensioni così riassunte dal nostro passeggero mentre raggiunge la terraferma: «simili a tanti Lazzari che si alzano dal sepolcro».


genova-il-viaggio-in-liguria-di-jacques-boucherGenova, 1810


Tutte queste notizie sono tratte dalle lettere di un giovane funzionario della Dogana francese,  Jacques Boucher de Perthes, un diciassettenne nato in un borgo delle Ardenne. Il primo impiego nelle Dogane è procurato da suo padre, il successivo passaggio lo vede a Marsiglia, ma per poco: gli eventi conseguenti all’annessione di Genova nell’Impero francese lo destinano alle dogane del “Département de Gênes”.
Nei tre anni di permanenza in Liguria ci racconterà poco del suo lavoro, ma tantissimo della vita quotidiana di Genova, della sua gente, della nobiltà e dei miserabili, del territorio da Ponente a Levante, da Sanremo a Sarzana.
L’occasione che ci offre Luca Sansone, autore di Magnifici palazzi, vicoli senza sole, ci porta a scoprire uno spaccato temporale di grandi suggestioni, di sfumature e particolari precisi, di manie aristocratiche, di stretti carruggi e sfavillanti palazzi.
Il raccontare Genova e il vasto territorio che la circonda non è una novità, non sono pochi i viaggiatori e le loro memorie, ma la novità di questa specifica visione, offerta dal doganiere francese, è nella totale immersione in un tessuto sociale sino ad oggi poco conosciuto.

Jacques Boucher ci porta e ci guida per la Superba sin dai primi istanti del suo arrivo, appena uscito dal porto si ritrova vagando «da due ore senza riuscire a venir fuori da queste vie strette, i cui abitanti devono domandarsi: Esiste un sole? Ovunque sono urtato, spinto e perfino strattonato (…) Con un rumore di sonagli, cento muli carichi avanzano maestosamente. A giudicare dai loro paramenti, li si potrebbero scambiare per il Senato stesso, con il doge in testa. Aspettiamo che le loro signorie siano passate». Ecco Genova nel 1805, così descritta da un passeggero appena entrato nel reticolo di quello che oggi chiamiamo “Centro Storico”, dove sono solo i selciati e le architetture che ci circondano a ricordarci quel lontano passato.
Jacques ci riporta in quel tempo e ci fornisce le informazioni per decifrare i due secoli che ci separano dalle sue cronache. Questa lettura ci permette di conoscere tutti i particolari per tradurre ampi tratti del tempo, senza nessuna nostalgia o smanie neo-folkloristiche, ma solo con la cronaca puntuale di un giovane viaggiatore «impiegato alle dogane». I magnifici palazzi e i vicoli senza sole, i giovani monelli che tentano di derubarlo, i negozi bazar, incontri imprudenti e indesiderati, la paura e le visioni stupefacenti: «Arrivo in una piazza. Qui riconosco Genova la superba. Che cornice di palazzi! Ovunque eleganza o maestosità, spesso le due insieme».

Il racconto non è conformista, spesso si assiste a improvvisi scambi di tono, a passaggi repentini di bagliori e buio, l’indagine-cronaca ricerca in ogni luogo, nessuno escluso. Questa caratteristica è di notevole valore, il doganiere vive i palazzi e la sua nobiltà, i vicoli e i miserabili: una città completamente aperta.
Il lavoro di ricostruzione dell’impianto narrativo, offerto da Luca Sansone, è attentissimo nel seguire questa traccia, a tenere con attenzione fede ai colori utilizzati da Jacques per illustrare la sua permanenza in Genova. Le visioni continue e gli scorci riassunti ci portano in luoghi abituali per i genovesi, spesso raccontati da cartoline in bianco e nero, mute nella loro pietrificata nostalgia.
Invece le parole del viaggiatore francese sono luminose, capaci di restituire il suo stupore: «Ecco piazza dell’Annunziata. Salgo un’ampia scalinata, entro in una chiesa. Con che grazie è sostenuta la cupola! E ancora colonne, ancora marmo, ancora oro: è abbagliante; ma nulla farebbe pensare di essere in un tempio». Questa descrizione non sarebbe completa se non concludessimo il passaggio successivo, quando lo stupore si fa attenzione e Jacques si ferma ad assistere alla messa.

Il passaggio successivo è un turbolento ritorno alla vita delle piazze e dei carruggi del tempo: termina la funzione, i fedeli escono e lui si ritrova in quel fiume che lo spinge verso le scale e la grande piazza. Che succede? «Tutti si precipitano verso un angolo della piazza. Ci sarà qualche spettacolo, un orso, una scimmia, un cammello. Meglio ancora: sono due uomini che si battono e si sfidano al coltello». Lo stupore ritorna nella drammaticità del seguito dell’improvviso duello: «qui, quando ci si batte, ci si ammazza». Jacques si allontana e prosegue salendo lungo via Balbi.

Queste immagini accompagnano tutto il lavoro di Luca Sansone, riportando note per confrontare altre cronache, per fornire informazioni che collocano i personaggi nella storia più ampia e contestualizzata.
Forse il punto nodale di tutto il lavoro è proprio rappresentato da due diverse circonferenze, da due traiettorie che descrivono il rapporto tra storia e microstoria. Dove la cronaca-racconto del doganiere francese si trasforma in una lente d’ingrandimento, un effetto che ci permette di leggere e conoscere i fatti nei giorni di Napoleone Bonaparte, di Massena, del Dipartimento di Genova e degli Appennini, soffermandosi sui carruggi e sul duello di piazza dell’Annunziata. Mettendo in una traiettoria parallela la cucina dei nobili e le sere a teatro, con i mille lumini che disegnano il mare di Rapallo durante le feste di luglio.

Insomma, la Genova al tempo di Napoleone è narrata in un tempo “piccolo”, in tre anni di racconti di un giovane ospite francese, in un arco di tempo compreso tra il 1805 e il 1808, utilizzando i fatti minori di una grande storia che segnerà il futuro dell’Europa sino ai nostri giorni.
Luca Sansone ci offre un banco di prova per verificare il significato più alto della storia locale, sradicandola dai tanti limiti della sorpassata patristica e aprendola al futuro dell’indagine microstorica: una lente per leggere le più remote pieghe della storia.

Giorgio Getto Viarengo

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