Il fascino dell’Annunziata e la spettacolare via Balbi

magnifici-palazzi-vicoli-senza-soleProsegue il viaggio del giovane doganiere Jacques Boucher attraverso il reticolo dei caruggi genovesi, alla scoperta della Superba e delle sue bellezze. Accompagniamolo in questo tour insolito, e assieme a lui adesso abbandoniamo il rione del Molo per inoltrarci in quello di Pré, più piccolo ma non meno bello, non meno suggestivo.

Di seguito è riprodotto un estratto dal libro Magnifici palazzi, vicoli senza sole, che fa seguito a un precedente articolo apparso su questo sito: A spasso tra Molo e Maddalena

Magnifici palazzi, vicoli senza sole
Il fascino dell’Annunziata e la spettacolare via Balbi

 Eccolo adesso arrivare in «piazza della Fontana amorosa». Qui si possono ammirare i grandiosi palazzi di alcune delle più rinomate famiglie genovesi, come i Cambiaso e gli Spinola; e il giudizio, finalmente, si fa meno severo, più sereno ed equilibrato.

«Arrivo in una piazza (…) Qui riconosco Genova la superba. Che cornice di palazzi! Ovunque eleganza o maestosità, spesso le due assieme».

I palazzi, secondo l’abitudine locale, «sono tutti aperti» ed egli, rapito da tanta magnificenza, non resiste all’impulso di intrufolarsi dentro al primo portone. Non è un’“impresa” difficile: «una monetina al domestico o un gran saluto al custode, una o l’altra cosa di solito sono sufficienti». A quanto pare, «in Italia si può entrare ovunque»; è la «terra promessa del flâneur», cioè di chi – secondo un’espressione che sarà cara ai “poeti maledetti” – ama girovagare senza meta per le città, per gustarne appieno il fascino e la vita. All’interno di questi edifici, tutto è una «profusione di dorature, di porfido, di granito, di vasi, di quadri, di statue». Lo sfarzo è tale che è difficile immaginare che «la fortuna di un privato» abbia potuto, da sola, «sostenere tante spese». Gli esterni, invece, spesso sono dipinti «in modo da farvi vedere delle colonne o delle statue dove in realtà non ce ne sono; quindi io credo ad una scultura solo se la tocco».


via-balbiVia Balbi, immagine tratta dal volume


Dopo la rapida “incursione” in qualche palazzo signorile, eccolo tornare in strada e riprendere il cammino, giungendo in un’altra piazza. Ora siamo arrivati nel rione di Prè, più piccolo ma non meno bello, non meno suggestivo del Molo. Qui sorge una chiesa grandiosa, con una scala di marmo che si estende per tutta la lunghezza della facciata, e dal cui ingresso si può godere la spettacolare vista della strada Balbi a ponente – unanimemente considerata, all’epoca, una delle più belle al mondo – e di quella che conduce alla Darsena.

«Ecco la piazza dell’Annunziada [sic]. Salgo un’ampia scalinata, entro in una chiesa. Con che grazia è sostenuta la cupola! E ancora colonne, ancora marmo, ancora oro: è abbagliante; ma nulla farebbe pensare di essere in un tempio».

Come si sarà ben capito, ci troviamo nella basilica della Santissima Annunziata del Vastato, testimonianza imponente e maestosa del Barocco genovese. Nei suoi confronti il giudizio, tra i contemporanei di Jacques, è di un entusiasmo pressoché unanime; basti pensare che il belga Louis Gruyer, di professione doganiere e per passione filosofo, nelle sue memorie la paragonerà nientemeno che al Duomo di Firenze. Annotiamo, per inciso, che la nostra Cattedrale suscita invece scarsissima ammirazione; come è noto, il gusto dell’epoca, specialmente quello francese, è abbastanza impietoso verso l’arte e l’architettura medievali.

Jacques – che come credente, forse, è un po’ negligente, ma in compenso è un buon flâneur – decide di fermarsi ad ascoltare la messa; alla fine della cerimonia, si esce nel trambusto. I fedeli, fino a poco prima assembrati sulle panche di legno, in devoto silenzio, adesso escono con foga, correndo e spintonandosi violentemente. Jacques non oppone resistenza, si lascia trascinare da questo impetuoso fiume di donne e di uomini … ma che cosa succede?

«Tutti si precipitano verso un angolo della piazza. Ci sarà qualche spettacolo, un orso, una scimmia, un cammello. Meglio ancora: sono due uomini che si battono e si sfidano al coltello».

Alla fine, uno dei duellanti muore, perché «qui, quando ci si batte, ci si ammazza»; concluso questo cruento “siparietto”, egli torna a bighellonare, salendo lungo via Balbi.

«Ancora palazzi»; sono «splendidi», ma a eccezione di due vie, cioè la suddetta Balbi e la vicina Strada Nuova, tutte le altre «sono strette» e siccome le case «sono molto alte, i piani inferiori sono tristi e bui». Tale giudizio verrà poi confermato anche in una lettera posteriore, datata 29 maggio 1806: a suo avviso, a Genova molti edifici – non meno belli degli altri, ma costruiti «in strade anguste, la cui facciata non è mai stata illuminata dal sole» – rischiano di passare del tutto inosservati. Quasi li si «potrebbe definire palazzi della notte: a mezzogiorno, negli appartamenti a piano terra, non c’è un barlume di luce».

È una vera e propria insofferenza, quella per i caratteristici carruggi genovesi, che negli anni successivi riemergerà a più riprese in numerose lettere (…) «Le strade di Genova – commenta Jacques, ad un mese dal proprio arrivo – sono così anguste che è meglio non avere mai con sé un ombrello troppo grande». Da tale strettezza, tra l’altro, possono anche derivare alcuni incidenti abbastanza sgradevoli. Un giorno, per esempio, egli ha visto, in un vicolo, un uomo con in spalla «mezzo maiale che, messo di traverso, sbarrava la strada». Le persone che procedevano nel senso opposto «si appiattivano contro il muro, ma senza poterlo fare abbastanza da evitare che il maiale li sfiorasse da qualche parte, lasciando traccia del suo passaggio». Anche a un suo amico capiterà di fare un simile “incontro ravvicinato”; infatti «una sera è rientrato tutto coperto di sangue», al che «glielo abbiamo fatto notare: “Oh! Mio Dio – disse – sono stato assassinato!”, e si è sentito male».

Nessuna ferita, solo un brutto spavento, che renderà il malcapitato oggetto di sfottò da parte dei suoi compagni: «ci siamo burlati di lui, adesso lo chiamiamo “l’Ammazzato”».

Luca Sansone,
Magnifici palazzi, vicoli senza sole

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