Maccheroni e pelli di cammello. Il commercio tra Napoli e Costantinopoli nel Settecento

Maccheroni e pelli di cammello
Il commercio tra Napoli e Costantinopoli nel Settecento

Con i suoi 623 anni di vita l’Impero ottomano è da considerarsi il protagonista più prorompente, nonché tra i più longevi, della storia del Mar Nero e non solo. Le potenze europee, da quelle più fortemente consolidate a quelle di nuova ascesa, guardano alla Porta d’Oriente con un grande timore per la sua irruenza, per le incontentabili mire espansionistiche e, contemporaneamente, con grande curiosità.


Costantinopoli fine '800Costantinopoli a fine ‘800


Gli europei hanno un interesse tale per l’area del Mar Nero e soprattutto per i prodotti turchi da tentare di avviare, attraverso trattati e concessioni di Capitolazioni, importanti traffici con quest’area. C’è da precisare che l’Impero non è sempre ben disposto in merito: per i turchi, infatti, il Mar Nero rappresenta un approvvigionamento considerevole ed irrinunciabile per Istanbul per cui le Capitolazioni vengono concesse solo ad alcuni paesi e sempre rispettando strettissime condizioni. Il XVIII secolo vede un’imponente inversione di marcia al riguardo, soprattutto grazie all’abilità europea di imporre la propria presenza sfruttando una fase di trasformazione e, se si vuole, di vulnerabilità dell’Impero dovuta soprattutto a questioni interne. Tra queste a farla da padrone è indubbiamente la crisi del sistema annonario finora messo in atto, provocata dalla crescita demografica di Costantinopoli e da un’evidente crisi agraria cui i sultani cercano di rispondere con un inasprimento del sistema annonario stesso, che va ad identificarsi sempre più con una politica di sfruttamento delle province. Da qui la politica ottomana inizia a barcamenarsi tra una rigida applicazione del sistema annonario e una meno selettiva concessione di Capitolazioni; questo duplice atteggiamento è provocato soprattutto dall’inserimento dell’Impero in conflitti bellici internazionali e anche dall’intenzione di allacciare relazioni commerciali, aprendosi quindi verso l’esterno.

Questi i conflitti che impediscono l’instaurazione di un dialogo diretto tra l’Impero ed alcune identità mediterranee, come il Regno di Napoli, con cui i turchi hanno un primo contatto quando, nel 1718, firmano con l’Impero asburgico un trattato che coinvolge indirettamente anche i partenopei, i quali però non ne accettano i punti cardine. Il momento di reale contatto tra i due attori avviene solo nel 1740 quando il Regno riesce a rientrare nella rosa dei partner commerciali dell’Impero, non senza l’intervento massiccio dei diplomatici napoletani, spinti da Carlo di Borbone che preme molto per lo sviluppo di un commercio tra i due. Viene pattuito che il trattato di commercio e navigazione stipulato ha una validità di vent’anni e ciò, oltre a suscitare molte aspettative da parte di entrambi i contraenti, dà avvio a rapporti diplomatici regolari che, anche col calo degli scambi commerciali che si registrerà in futuro, non accennerà mai ad affievolirsi.

Per inserirsi nel traffico levantino, la legazione napoletana sfrutta molto astutamente la stasi del commercio francese e inglese col Levante ed è qui che a giocare un ruolo di primo piano è l’abilissimo rappresentante della diplomazia napoletana: Guglielmo Maurizio Ludolf.

Nonostante si sia presentato il momento propizio per avviare un fiorente scambio turco-napoletano, la decadenza dei commerci rimane però immutata e così proseguirà per tutta la seconda metà del secolo. È importante non tralasciare che tali rapporti commerciali registrano l’inizio del loro declino proprio nel momento di massimo consolidamento della marina mercantile napoletana, che imbarca ingenti carichi di prodotti alimentari, materie prime e manufatti che, tra gli anni ’40 e ’60 del secolo, trovano enorme smercio, oltre che a Smirne e Salonicco, proprio a Costantinopoli in quanto grandissimo mercato di consumo.

Per entrare brevemente nei dettagli basti indicare che le merci che partono da Napoli alla volta di Costantinopoli sono diversificate e numerosissime, e vi figurano seta, pepe, cioccolato, vino, salumi e maccheroni; le imbarcazioni ritornano poi cariche di balle di pelo di cammello, cordovani, cotone, tappeti, legni e tavole di noce e ciò costituisce un flusso significativo di merci cui corrisponde un traffico contrario di egual portata. Il naviglio napoletano non trasporta solo le merci ma viene spesso anche noleggiato dai mercanti turchi per i loro traffici nel Mediterraneo orientale e gli stessi napoletani si pongono ben volentieri nei confronti di questa pratica.

Marcella Boschi

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