Napoleone nel diario intimo della marchesa di Cavour

Napoleone a Torino nel 1797 – Parte V

I lavori di Alessandro Puato, storico e studioso del Piemonte napoleonico, sono incentrati sulla ricostruzione delle tappe compiute da Bonaparte nella capitale sabauda. Le visite in questione si svolsero negli anni 1797, 1800, 1805, 1807.
Di seguito l’autore ripercorre un’interessante testimonianza, il diario intimo di Filippa de Sales marchesa di Cavour, documento che ben ci trasmette il clima e i turbamenti che caratterizzarono la prima tappa torinese del generale.

Napoleone nel diario intimo della marchesa di Cavour

 

Con Bonaparte scomparve dall’Italia l’ultimo debole filo che ancora sostenesse la corona sul capo del re sabaudo: da quel momento le sue sorti, abbandonate al Direttorio, andarono rapidamente precipitando.
Ecco cosa dice della prima venuta di Napoleone a Torino il Costa di Beauregarde:

«Il duro e glorioso conquistatore è arrivato qui alle sei ed è ripartito alle dieci. Ha passato queste ore dall’ambasciatore di Francia e non ha visto il Re. Ha ricevuto solo il cavalier Priusca, il marchese di Saint Marsan e il conte di Sant’Andrea. Ignoro se abbia accettato il dono destinatogli: la briglia di un cavallo sardo che doveva essergli offerto era stata tempestata di diamanti. Se si è degnato di sorriderci, stimiamoci tre volte fortunati, perché di noi sarà solo ciò che piacerà a questo grande distributore del bene e del male».


marchesa-di-cavourLa Marchesa di Cavour e veduta di Torino di metà XIX secolo


Ed ecco come Filippina de Sales marchesa di Cavour riporta la notizia nel suo diario, in data 25 novembre, riproducendo una conversazione a cui assiste durante un ricevimento in casa della marchesa Spinola:

«In casa della marchesa Spinola si beveva il caffè in bellissime tazze di Sevres, mentre il conte Bonando commentava gli ultimi avvenimenti, in particolare l’arrivo a Torino del generale Bonaparte.
“Si è fermato poche ore, giusto il tempo per salutare il re e, pare, con una grande paura di compromettersi”.
“Compromettersi?” esplose il marchese Grisella.
“È vero, sembra incredibile parlare di compromissione per questo giovane generale, che ha dato un’evidente prova delle sue capacità, ma l’impressione nettissima che si è avuta – non solo mia, badate, il marchese Costa la pensa allo stesso modo – è che non voglia sbilanciarsi neppure nei confronti dei giacobini che qui, anche se in sordina, sono letteralmente in tripudio”.
“Sembrate quasi ammirare questo Bonaparte, conte”, replicò il marchese. “Non dimenticate che è un nemico per di più molto temibile”.
“Non dimentico che è un nemico, anzi lo valuto al giusto credetemi. Ed è verissimo che è temibile. Negando questo e negando al tempo stesso che è un ufficiale di grandi capacità, non faremmo che metterci in una situazione ancora più difficile”.
“E, ditemi, voi che l’avete visto, com’è?”, intervenne la duchessa Durazzo, non molto interessata alla politica, ma come sempre curiosissima delle persone.
“Pare che piaccia molto al gentil sesso, duchessa, anche se, come uomo, non sono in grado di valutarne personalmente lo charme che potrebbe esercitare su una signora. Dicono che sappia stare molto bene in mezzo ai suoi soldati, che per questo lo amano molto” rispose il conte, che aveva perfettamente colto il motivo della curiosità della duchessa.
“Ma si potrebbe affermare che è un bel uomo?”.
“Vi posso dire soltanto che è un giovane piccolo e magro, nervoso all’apparenza, che parla a scatti e molto velocemente un francese con un curioso accento. Si sa, del resto, che è nato in Corsica”. Ma il marchese desiderava tornare all’incontro con il re. “Come vi dicevo, è stato un incontro molto rapido. Il generale Bonaparte ha porto a Sua Maestà le condoglianze per la morte del padre, poi gli ha ribadito, come già gli aveva fatto sapere per iscritto, che il Piemonte deve mandare emissari in Francia per trattare la pace col Direttorio, così si chiama adesso il governo della Repubblica”.
“Allora, l’incontro dev’essere stato abbastanza cordiale?”.
“Non potrei definirlo così. Il re, in ogni caso, ha voluto offrire il suo ritratto e un cavallo sardo dei suoi allevamenti, ma Bonaparte, purtroppo, ha accettato soltanto il cavallo”.
“Perché purtroppo?”.
“Spero sia soltanto una mia impressione, che mi viene dal pessimismo generato da questi avvenimenti, ma ho idea che stiamo assistendo all’agonia della nostra monarchia. È dura per tutti, chissà che sarà di noi” concluse il conte con un sospiro.
“Però – riprese speranzoso il marchese, – ha accettato il cavallo”.
“Si, e pare che la regina abbia appeso al collo dell’animale la sua ultima collana di valore”.
Non so perché, ma questo dettaglio mi ha provocato una stretta al cuore, quasi che quest’ultima spoliazione della regina abbia un grande significato simbolico di sottomissione, soprattutto, di rinuncia. Abbiamo un giovane re, vinto e disarmato, e una regina senza più gioielli
».

A. Puato

Bibliografia

Costa di Beauregarde, Vecchio Piemonte nella bufera, Fogola, Torino 1985.
Piera Rossotti Pogliano, Il diario intimo di Filippina de Sales marchesa di Cavour, Edizioni dell’Angolo Manzoni, Torino 2000.

 

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